Notizie false su Facebook, sistema di rilevazione presto in Italia

È arrivata la prima notizia contrassegnata come “contestata” da Facebook. Si tratta di un articolo riguardante Trump pubblicato da The Seattle Tribune, secondo cui le varie fughe di informazioni riservate sul presidente deriverebbero dal fatto che usa uno smartphone Android poco sicuro. Qualcuno sarebbe riuscito così a forzarlo per ottenere dati e informazioni.

COSTRUITO AD ARTE

L’articolo, firmato da tal Lucas Bagwell, è stato pubblicato da un sito che sembra di un organo di informazione (ha perfino una testata e un motto, “Informing the Nation”), ma in realtà è poco più di un blog e anzi, a cercarla bene, ha pure una pagina in cui specifica di essere una pubblicazione satirica. Tuttavia, a differenza della maggior parte degli articoli presenti sul sito, questo – che non presenta ombra di satira o ironia – è firmato, è molto più lungo e ricchissimo di link. Cita due agenzie di sicurezza private (che però non esistono) e menziona pure un hashtag, #ditchthedevice, che secondo l’autore sarebbe diventato popolare sul web dopo la rivelazione dello smartphone di Trump. Insomma non è solo una notizia falsa, ma è costruita ad arte per sembrare vera e trovare grande diffusione.

Da venerdì, almeno negli Stati uniti, sotto questo articolo è comparso un segnale rosso indicante che si tratta di una notizia non verificata, anzi contestata, secondo i siti di fact checking Politifact e Snopes. Quest’ultimo, oltre a segnalare la notizia come falsa, sottolinea che il Seattle Tribune è affiliato di Associates Media Coverage, una fonte riconosciuta di fake news.

UNA GOCCIA NELL’OCEANO

Dopo le polemiche sul ruolo che la disinformazione avrebbe avuto nell’ultima campagna elettorale americana, Facebook aveva promesso che avrebbe preso posizione contro la diffusione di notizie false, e Zuckerberg era tornato di recente sul tema in un lunghissimo post. Il bollino al Seattle Tribune è il primo passo concreto. Peccato sia solo una goccia nell’oceano della cattiva informazione, e anzi mostri già alcuni limiti della strategia adoperata dal social network per affrontare il problema.

Intanto la definizione: “disputed”, “contestata”. Un aggettivo che si può riferire anche a una discussione da bar su un rigore assegnato più o meno giustamente, mentre la storia di Trump e del suo smartphone non è contestabile, ma del tutto inventata. Poi c’è il processo con cui Facebook arriva esaminare le notizie e contrassegnarle come “contestate”: si parte da una segnalazione dei membri della comunità oppure da un’analisi effettuata dal software, e solo dopo si sottopone la notizia al vaglio delle organizzazioni di verifica, come Snopes o Politifact (o Correctiv in Germania). Se il giudizio di entrambi è positivo, la notizia quindi viene segnalata come “contestata”: nel caso specifico sono passati almeno cinque giorni, che hanno portato a 81 mila condivisioni, contro le poche decine in media per ogni articolo del Seattle Tribune. Che però è per sua stessa ammissione una fonte di notizie “fictional”, di fantasia: quindi perché aspettare tanto?  (fonte)

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