Facebook, può davvero un post farci licenziare?

licenziato-facebook

Dopo i recenti casi  della signora di Nichelino e della dipendente di Perugina, un interessante articolo de LaStampa ci aiuta a fare chiarezza con l’aiuto di un’esperta in diritti di new media e legislazione del lavoro.

Le storie che finiscono sui giornali sono soltanto la punta dell’iceberg. Gli esperti di diritto hanno a che fare tutti i giorni con casi come quello della signora di Nichelino o della dipendente della Perugina licenziate a causa di post su Facebook critici nei confronti della loro azienda o del datore di lavoro. Tra i primi in Italia a essersi occupato del tema c’è lo studio legale di Marisa Marraffino, che prova a sgombrare i dubbi sulla questione.

Avvocato, chiariamolo una volta per tutte: un post su Facebook può portare al licenziamento per giusta causa?

«Certo che sì. Può bastare anche un solo post denigratorio. Questo perché viene leso l’obbligo di fedeltà all’azienda sancito dall’articolo 2.105 del codice civile che si instaura nel momento in cui veniamo assunti».

Ma se, invece, condividiamo un post di critica?

«È lo stesso. Perché con la nostra azione contribuiamo a far arrivare il messaggio a più persone. E’ inutile giustificarsi dicendo, come è successo per la signora di Nichelino, che la critica è stata rilanciata non come dipendente della ditta ma come utente del servizio da essa offerto. Si resta sempre dipendenti, anche al di fuori dell’orario di servizio».

Rischiamo il licenziamento anche se il nostro è un profilo privato, cioè con le impostazioni sulla privacy più restrittive?

«Sì. È una sottigliezza che non conta nulla, così come non vale giustificarsi dicendo di avere pochi amici. Anche la Cassazione ha ormai stabilito che Facebook è un luogo pubblico. Esprimere un parere negativo sul luogo di lavoro in un post equivale a farlo su un giornale. I dipendenti devono prendere atto che i social network non equivalgono al diario segreto che si chiudeva con un lucchetto. Ciò che vi pubblichiamo può diventare diffamazione».

Anche alle aziende toccherebbe attivarsi in qualche modo per evitare incidenti, secondo lei?

«Sì. Molte si stanno già dotando di specifiche policy per quanto riguarda l’uso dei social da parte dei dipendenti. E’ successo nel caso di società che lavorano nell’ambito della comunicazione ma anche di ospedali e supermercati».

Ci sono altri casi in cui Facebook può portare al licenziamento?

«Per esempio quando il social rappresenta una realtà diversa da quella comunicata al datore di lavoro. Della serie: il dipendente chiede un giorno di mutua e online ci sono le foto che lo ritraggono al mare. E’ un comportamento all’apparenza sciocco, ma molto frequente e che può portare alla perdita del lavoro».

E quando, invece, il dipendente trascorre troppo tempo sul social che cosa rischia?

«Dipende dalle situazioni. Un conto è essere su Facebook un’ora al giorno, un altro è accedere dieci minuti magari in pausa pranzo. Ci sono state sentenze discordanti. I casi vanno valutati singolarmente». (fonte)

You may also like...