I diabetici preferiscono Google al loro medico di famiglia

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Non si biasima l’utilizzo di internet per cercare informazioni: per 6 diabetici su 10 può essere utile, ma è indispensabile il supporto di un professionista.

Ben una persona con diabete su 5 si rivolge al ‘Dottor Google’ per avere informazioni sulla malattia, con il rischio di costruirsi certezze infondate sul proprio stato di salute. Il consulto del web arriva di gran lunga prima di quello del medico di famiglia, scelto solo dal 9%, mentre il 61% continua ad affidarsi al diabetologo. A dirlo sono i dati del Diabetes Web Report 2015, una rilevazione condotta su 810 medici e 505 pazienti diabetici presentata a Roma al Ministero dello Sviluppo Economico nel corso di un evento organizzato dal Diabetes Web Observatory Group. Sempre più spesso gli italiani si trasformano in ‘health-nauti’ ed è il diabete la patologia che registra il maggior numero di consultazioni su Google in tema di salute.

Nello spingere verso queste “soluzioni autogestite potrebbe avere un peso anche la difficoltà economica di molti italiani ad accedere alle cure sanitarie”, commenta Ketty Vaccaro, presidente del Diabetes Web Observatory Group e responsabile settore Welfare del Censis. Secondo l’indagine, 4 persone con diabete su 10 navigano da 1 a 3 ore al giorno. Relativamente alla loro malattia, nella metà dei casi cercano prodotti per la cura, seguiti da alimentazione (49%), stile di vita (48%) e attività delle associazioni (35%).

Il ‘Dott. Google’, aggiunge l’esperta, è “un medico virtuale dalle innumerevoli specializzazioni” e “i cui pareri vengono spesso discussi e messi a confronto con le indicazioni del medico ‘reale'”. Accanto ai professionisti, finora unici decisori delle scelte terapeutiche, “oggi si affacciano altri influenzatori online non sempre noti, che possono essere esperti, sulla cui affidabilità peraltro non di rado mancano riscontri, ma sono spesso anche altri pazienti”. Da parte sua il diabetologo non biasima l’utilizzo di internet per cercare informazioni: per quasi 6 su 10 può essere utile, ma ritengono indispensabile il supporto di un professionista. “Non sempre – conclude Vaccaro – chi si informa su internet ha gli strumenti critici per una decodifica. Può essere emotivamente coinvolto e dare ascolto alle spiegazioni più preoccupanti relative ai propri sintomi, passando dalla lettura delle informazioni, all’autodiagnosi e perfino all’autoterapia”. (ANSA)

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