Facebook, come le bufale guadagnano con la pubblicità

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«Molta disinformazione è semplice spam ed è giustificata da uno scopo di lucro. Stiamo cercando di scardinarne l’economia con policy pubblicitarie come quelle annunciate questa settimana e con miglioramenti al sistema di rilevamento delle ad farm».

Così scriveva Mark Zuckerberg, lo scorso 19 novembre, in risposta all’ondata di critiche contro il social network, accusato di aver favorito l’ascesa di Trump grazie alla diffusione incontrollata di notizie false contro Hillary Clinton. Le policy pubblicitarie menzionate da Zuckerberg ricalcavano la presa di posizione di Google, che pochi giorni prima aveva annunciato la sospensione dell’erogazione di annunci pubblicitari AdSense sui siti di notizie false, bufale e propaganda ingannevole. A esattamente due mesi da quei proclami, su Facebook è cambiato ancora poco. Se in Germania si partirà nelle prossime settimane con un piano di controllo editoriale (operato da no-profit esterne), in Italia e in altri paesi continuano a proliferare indisturbate intere galassie di pagine e gruppi dediti alla distribuzione sistematica di “spam a scopo di lucro”. I siti che vi afferiscono e che ospitano i contenuti più condivisi, inoltre, continuano ad essere pieni di pubblicità.

ODIO GENERA CLIC

Una delle reti più attive e di maggiore successo è quella che comprende i gruppi chiusi “Segreto di Stato” (quasi 80.000 iscritti) e “Catena umana”. I post condivisi vanno dalle palesi falsità – una foto del compianto Marco Pannella con una scritta populista sulla sua presunta pensione d’oro – ai post che rimestano nel torbido della xenofobia e dell’odio contro immigrati, rom e politici – principalmente di sinistra – a favore dell’accoglienza e dell’integrazione. La presidente della Camera, Laura Boldrini, e l’ex-ministro del governo Letta Cécile Kyenge, ad esempio, sono protagoniste ricorrenti di storie inventate e titoli strillati fatti apposta per generare clic.

«I siti pubblicizzati su quei gruppi hanno spesso nomi che richiamano quotidiani famosi, come Gazzetta24 o SkyTG24News», spiega a La Stampa David Puente, informatico esperto di comunicazione e cacciatore di bufale per vocazione. «Oppure richiamano a scandali politici, come MafiaCapitale.it. Altri sono più fantasiosi o addirittura innocui, come RiscattoNazionale, AttaccoMirato, SocialBuzz». Una veloce scorsa agli articoli pubblicati su questi siti ne rivela immediatamente la natura. Il tema è sempre il solito, con variazioni all’uopo: nomi inventati, sintassi fantasiosa, fatti chiaramente esagerati per scatenare l’indignazione. Viene il dubbio, a rimestare in questo calderone putrido, che gli autori vogliano prendersi gioco di un pubblico ottuso che non riflette e clicca mi piace, commenta e condivide, quasi sempre fermandosi a un titolo strillato e scioccante utile a validare convinzioni razziste e pregiudizi anti-intellettuali o anti-casta.

NOME E COGNOME

Chi ci sia dietro, nel caso specifico di “Segreto di Stato”, non è un mistero. «Questa struttura fa riferimento a Vincenzo Todaro. È un ex-imprenditore edile di Parma. A differenza di altri che fanno la stessa cosa non si è mai nascosto, anzi spesso ha rivendicato il suo operato», spiega ancora Puente. «Tutto è nato con CatenaUmana, sito lanciato nel 2012. ll gruppo Segreto di Stato combacia con il sito omonimo. Nella pagina Privacy e Cookies viene riporta una email che appartiene a Todaro e usa il dominio di CatenaUmana. Il gruppo è amministrato dall’imprenditore e da altri profili a lui collegati. Tra questi l’account “Massimo Borchini”, che usa la foto di Mario Pastore, un ragazzo di 27 anni deceduto nel 2013».

gasparriIn un’intervista rilasciata alla Gazzetta di Parma, all’inizio del 2015, Todaro rivelava di aver rilanciato la notizia – rivelatasi poi falsa – secondo cui Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (le due volontarie rapite in Siria a fine 2014 e liberate a gennaio 2015) avrebbero fatto sesso con i propri sequestratori. Maurizio Gasparri, allora vice presidente del Senato, aveva re-twittato la bufala senza ulteriori controlli, scatenando un’ondata di proteste. La risposta fu che il tweet riportava un punto interrogativo e che quindi si trattava solo di una legittima domanda.

CONCORRENZA AGGUERRITA

La concorrenza, per Todaro e i suoi siti, è agguerritissima. Quella dell’ex-imprenditore parmigiano è solo una delle tanti reti specializzate in bufale e indignazione un tanto al chilo. Paolo Attivissimo, giornalista e cacciatore di bufale di lungo corso, a metà dicembre 2016 ha pubblicato sul suo blog un’inchiesta, la prima di una serie, realizzata con la collaborazione tecnica proprio di David Puente. Lo scopo è smascherare i nomi di chi opera queste fabbriche del falso. La ricerca ha rivelato che la società Edinet, con sede a Sofia, in Bulgaria, controllava fra gli altri Gazzettadellasera.com e Liberogiornale.com, ilFattoQuotidaino (sic), News24europa.com, News24tg.com, Notiziea5stelle.com.

«Si nota spesso una specie di effetto domino, con siti di proprietari differenti, concorrenti fra loro, che si copiano senza remore le false notizie più efficaci», spiega ancora Puente. «Dopo che il ragazzo che gestiva il sito Senzacensura.eu pubblicò la bufala dell’immigrato massacrato da un italiano, rivelatasi virale, vi furono numerose imitazioni di successo su altri siti e gruppi».

QUANTO CI GUADAGNANO?

Ad accomunare tutti questi siti è lo scopo di lucro. Basta fare un giro sulle pagine pubblicizzate sui social per riscontrare un’altissima concentrazione di banner e annunci pubblicitari. Fra i quali, fino a poche ore prima della pubblicazione di questo articolo, erano presenti anche quelli di Adsense – ora rimossi – nonostante a novembre Google avesse annunciato una politica di tolleranza zero contro tutti i siti che pubblicano bufale, contenuti razzisti o di incitamento all’odio e alla violenza. A richiesta diretta, da Adsense rispondono senza scendere nel dettaglio del caso specifico, ma facendo riferimento alle norme ufficiali.

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 «Abbiamo aggiornato le nostre norme per i publisher e ora impediamo che gli annunci Google vengano posizionati su contenuti ingannevoli, così come rifiutiamo la rappresentazione ingannevole nelle norme che regolano il nostro programma di annunci pubblicitari», ha dichiarato a La Stampa un portavoce di Google. «D’ora in avanti, eviteremo di servire annunci pubblicitari su pagine che travisano, deformano o nascondono informazioni circa il publisher, il contenuto del publisher, o lo scopo primario della web property».

Le pubblicità servite da altre concessionarie online, invece, rimangono ancora attive su tutti i siti della rete di Segreto Di Stato. La presenza della pubblicità su un sito web, tuttavia, non è sinonimo di grandi guadagni, che dipendono dalle visualizzazione e dagli eventuali clic sugli annunci. “Credo tuttavia che queste operazioni garantiscano a personaggi come Todaro delle discrete entrate”, dice Puente. «Se non altro perché nel settore è risaputo che Todaro spesso acquista pagine Facebook esistenti, per comprare delle basi di fan già consolidate. Nei suoi annunci dice spesso di essere disposto a non badare a spese. Evidentemente un ritorno ci sarà».

VIOLAZIONI PALESI

La compravendita di pagine Facebook è formalmente vietata dalle regole del social network. Una violazione che per chi gestisce le reti di siti bufala è solo una delle tante. Lo stesso Todaro, ad esempio, ammetteva alla Gazzetta di Parma di avere sotto il suo controllo account multipli, altra pratica vietatissima dagli Standard della Comunità. Le regole di Facebook a quanto pare nulla possono contro i professionisti della disinformazione.

Come è possibile, viene da chiedersi, che Facebook e Google non riescano a contenere in maniera efficace il fenomeno, se non altro nel caso di manifestazioni e storture così palesi? Secondo Puente, le aziende dovrebbero fidarsi un po’ di meno dell’efficacia degli algoritmi. «Ci vorrebbe un controllo effettivo da parte di persone competenti. Facebook e Google hanno un grosso problema: la vastità della Rete. Il Social Network gestisce un numero di pagine e contenuti a dir poco enorme. Figuratevi Google: anche in quel caso bisognerebbe fare un lavoro complesso e gravoso su ognuno dei siti e degli account che li gestiscono. Bisogna ammettere che la strada è lunga, ma percorribile».

«Confermiamo il nostro impegno per combattere la disinformazione, per questo abbiamo annunciato che stiamo rendendo più facile la segnalazione delle notizie false su Facebook», ha ribadito a La Stampa un portavoce del social network, facendo riferimento alle misure prese in Germania. Presto soluzioni analoghe arriveranno anche in altri paesi, aggiunge, Italia compresa. «Abbiamo ascoltato la nostra community e ne abbiamo discusso con i nostri partner globali; la preparazione dei partner tedeschi ci ha concesso di iniziare a testare il progetto in Germania. Speriamo di lanciare il progetto in altri Paesi il prima possibile».

DUE SCOPI DIVERSI

Siti come quelli di Todaro oggi si muovono al confine fra libertà di opinione e calunnia, ma nascevano inizialmente con intenti ideologici o di protesta. Chi li ha lanciati, però, ha capito velocemente che le bufale pagano e ha iniziato a sfruttare l’indignazione social. Gruppi come Segreto di Stato e CatenaUmana sono lo specchio di un sottobosco di ignoranza e razzismo che riflette un fallimento culturale ed educativo. Uno sciame che Facebook non ha creato, ma tutt’al più ha reso visibile e misurabile dando una voce ad un’orda altrimenti silenziosa.

Non è colpa dei social network, in altre parole, se il livello dell’analfabetismo funzionale nel nostro paese è uno dei più alti al mondo (assieme alla Spagna). «Il problema nasce nelle scuole, dove non si riesce davvero ad insegnare una vera cultura della critica», conclude Puente. «Spesso perché i docenti non sono correttamente formati per l’insegnamento delle nuove tecnologie».

I siti di bufale sfruttano questa situazione per generare clic facili e guadagnare con la pubblicità. Strutture più complesse e politicizzate, come quelle delle quali raccontava una densa inchiesta di BuzzFeed, trovano invece terreno fertile per la propria agenda populista, per generare instabilità e malcontento, e per amplificare con estrema efficacia i propri sforzi propagandistici. È il caso della destra ultra-nazionalista tedesca di Alternative für Deutschland (AfD), i cui vertici hanno annunciato di voler fare di tutto per sfruttare il potere dei social in vista delle elezioni federali del prossimo autunno. Il governo di Berlino esercita ormai da mesi forti pressioni sui vertici del social network per limitare la diffusione delle fake news e della iper-propaganda. Non è un caso che sia proprio la Germania il paese da cui è parte la sperimentazione di Facebook per limitare il fenomeno senza ricorrere a soluzioni censorie. Una soluzione che, se funzionasse, potrebbe essere esportata anche altrove. E forse mettere fine, con buona pace di Todaro e dei suoi concorrenti, al mercato delle bufale. (fonte)

Ricordiamo che segnalare notizie false su Facebook è già possibile. In un precedente articolo avevamo spiegato come fare. Nel caso di annunci Adsense è possibile segnalare una violazione a Google direttamente da questa pagina di supporto.

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