Se vuoi digitalizzare il tuo cervello, ricordati che prima devi morire

Dove si trova la coscienza? È solo l’insieme di sinapsi nel nostro cervello? E in quel caso, se potessimo creare una replica digitale dell’intero organo e di tutte le sue connessioni, riusciremmo a ricreare una versione computerizzata di noi stessi?

Domande come queste sono il pane quotidiano di transumanisti e sceneggiatori di Black Mirror, e non hanno una risposta precisa.

Ma l’incertezza filosofica sull’ontologia della coscienza, che ha fatto scervellare i pensatori per secoli, oggi nulla può contro la fiducia nelle magnifiche sorti e progressive degli startupper californiani. Che propongono di scervellarci – letteralmente – per estrarne una versione sintetica.

Un’azienda chiamata Nectome si sta cimentando nell’impresa di “fare il backup della mente”, grazie a una nuova tecnica capace di conservare alla perfezione il “connettoma”, cioè l’insieme dei collegamenti neuronali fisicamente presenti nel nostro cervello.

Può sembrare un’idea strampalata, ma le basi scientifiche sono solide. Quel che non c’è, è la certezza che la nostra coscienza sia replicabile unicamente a partire da una simulazione precisa delle nostre sinapsi.

Il processo ideato da Nectome sta a metà tra imbalsamazione e conservazione criogenica dei tessuti. Funziona così: il paziente (l’utente?) viene addormentato con un’anestesia generale, poi viene collegato ad una macchina cuore-polmoni. La soluzione chimica che fisserà il cervello nello stato in cui si trova viene iniettata nelle carotidi e messa in circolo. Nel giro di qualche ora il cervello è pronto. Nel frattempo il soggetto sottoposto all’operazione è passato a miglior vita. E sì, perché è questo il piccolo dettaglio: perché il cervello si possa fissa e conservare perfettamente, il proprietario dell’organo deve morire.

Da un punto di vista etico, sostengono i cofondatori, il procedimento è sovrapponibile al suicidio assistito e sarà dunque consentito in quegli stati che già oggi permettono la pratica.

La riesumazione futura della coscienza, così come la ipotizza Nectome, non avverrà mettendo di nuovo in funzione il cervello conservato (ormai fisiologicamente inutilizzabile), bensì replicandone la struttura in un server remoto. In altre parole la mente verrà “uploadata” nella nuvola e si potrà interagire con l’individuo tramite un’interfaccia digitale. Ad oggi questo procedimento, è bene specificarlo, non esiste. L’obiettivo della startup è solo quello di preservare i cervelli in maniera impeccabile, in modo da rendere possibile un simile sviluppo futuro.

Una scommessa, insomma, basata sulla fiducia nella nostra capacità futura di digitalizzare il cervello. Sembra poco, ma è più che abbastanza per convincere menti illuminate e tecnologi presuntuosi interessati alla vita eterna. Come Sam Altman, il 32enne co-fondatore di YCombinator, il più riverito degli incubatori tech della Silicon Valley. Altman ha già deciso che – giunto il momento – imbalsamerà il suo cervello con la tecnica di Nectome. Ci vorrà ancora tempo, probabilmente anni, prima che la startup possa offrire un servizio completo e sicuro. Ciò non ha impedito alla startup di iniziare a sondare il mercato attivando una lista d’attesa. Per entrare a farne parte bisogna sborsare 10.000$, rimborsabili in qualsiasi momento qualora si cambiasse idea sulle sorti del proprio cervello. Un po’ come comprare una Tesla Model 3.

L’entusiasmo dei nouveaux riches tecnologici assetati d’immortalità è palpabile, ma ci sono naturalmente anche le voci critiche. “Scaricare il fardello delle nostre banche di cervelli sulle future generazioni è arrogante a livelli comici. Non gli stiamo già lasciando abbastanza problemi?”, ha commentato Michael Hendricks, neuroscienziato alla McGill University, sentito dalla MIT Technology Review. “Spero che le persone in futuro siano inorridite dall’idea che nel ventunesimo secolo le persone più ricche della storia spendessero soldi e risorse cercando di vivere per sempre sulle spalle dei propri discendenti. Voglio dire, è uno scherzo, vero? Sembrano i cattivi dei cartoni animati”. (fonte)

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