Io NON soffro della ”Sindrome da Like”, ma…

SINDROME-DA-LIKE

Si chiama ”Sindrome da Like” ed è riconosciuta da diversi studiosi e ricercatori americani. La ricerca spasmodica dell’approvazione sui social network genera nel cervello una grossa quantità di dopamina. E agisce come una droga…

Che differenza c’è tra il gladiatore che prega in ginocchio l’imperatore affinché gli mostri il pollice alto e un utente Facebook che davanti al display spera in un “mi piace” sulla foto appena postata? Nessuna: per entrambi è una questione di vita o di morte.

Sì, perché ormai la ricerca spasmodica dell’approvazione “social” è diventata per milioni di naviganti una vera e propria disfunzione, riconosciuta persino da studiosi e ricercatori dell’Università del North Carolina, che non si occupano esattamente di casi leggeri.

Dall’indagine scientifica emerge che l’(ab)uso di Facebook, ma anche di Twitter, Instagram e social network vari, in alcuni soggetti può portare a grossi scompensi sotto il profilo psichico: ogni volta che aspettiamo con ansia l’apparizione in alto a destra di una nuova notifica, contenente possibilmente un “like”, il cervello produce una non trascurabile quantità di dopamina, neurotrasmettitore endogeno tipico delle alte forme di dipendenza accostabili alle droghe.

Il “mi piace” appaga il nostro ego ma solo temporaneamente perché, come l’appetito vien mangiando, così dopo un “like” ne vogliamo subito un altro. I professori americani stanno vagliando una cura medica per questo tipo di sindrome, riflesso psicopatologico dell’attuale società sempre più dipendente dai social network. C’è chi bighellona per ore su Internet in attesa che spunti il pollice salvavita. Altrimenti è come morire dentro…

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