Attacco informatico contro Sony, Fbi: “Malware distruttivo”

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Sony Pictures è stata di recente vittima di un attacco che, oltre a paralizzare i suoi sistemi informatici, avrebbe diffuso su internet film d’imminente rilascio tra cui «Annie» e «Still Alice». La pesante azione contro la divisione cinematografica del colosso giapponese ha alimentato retroscena inquietanti, come quello che dietro ci sia il regime nordcoreano, in risposta al film di imminente lancio sul «giovane generale» Kim Jong-un.

Il sospetto è che possa trattarsi della rappresaglia contro «The Interview», la commedia che a Natale sarà nelle sale di Usa e Canada, e il prossimo anno in 63 altri paesi tra Europa, Medio Oriente, Africa e America Latina, ma non in Corea del Sud a causa del timore delle ripercussioni sulle relazioni tra Pyongyang e Seul.

La storia parla di un giornalista di talk show e del suo direttore, interpretati rispettivamente da James Franco e Seth Rogen, che, nel tentativo di legittimare le carriere, riescono a ottenere un’intervista esclusiva con Kim. La vicenda si complica con l’ingresso in scena della Cia, l’intelligence di Washington, che recluta i due come killer per assassinare il giovane leader.

Al rilascio del trailer a giugno, la reazione del ministero degli Esteri nordcoreano fu immediata: «se l’amministrazione Usa sarà connivente e patrocinerà la proiezione del film, saranno prese contromisure forti e spietate». E poi: «la diffusione di una pellicola del genere, con un attacco alla nostra leadership più alta, è un imperdonabile atto di terrorismo e di guerra, ed è assolutamente inaccettabile».

Il cyber-attacco è del 24 novembre e sembra non aver risparmiato «Fury», film di guerra con Brad Pitt, appena andato in sala e finito sui siti di file-sharing. Il crack dei sistemi di Sony Pictures è avvenuto dopo l’apparizione di un teschio rosso e dell’acronimo «Gop», Guardiani della Pace, con tanto di minaccia sulla diffusione di altri dati «classificati» e privati.

Fbi e Dipartimento americano della Sicurezza interna stanno cercando chiarire il «giallo» e di verificare la fondatezza del ruolo di Pyongyang il cui terrorismo informatico è, insieme ad armamenti nucleari e balistici, uno dei pilastri delle strategie del regime volute già dal caro leader Kim Jong-il alla fine degli anni ´90.

L’intelligence di Seul ha stimato di recente che la Unit 121, la cellula d’elite, abbia almeno 1.200 hacker professionisti, all’interno delle quasi 6.000 unità, doppie rispetto a due anni fa, che fanno capo al potente General Bureau of Reconnaissance.

Negli ultimi anni, secondo il governo sudcoreano, dal Nord sono stati utilizzati malware e virus attraverso i messaggi di posta elettronica per attaccare istituzioni militari, banche, agenzie governative, emittenti televisive e media. (fonte)

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