Quanto le bufale fanno guadagnare (e cosa si rischia)

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«Vi racconto come ho fatto soldi a palate spacciando bufale razziste sul web», in un’intervista all’Espresso parla il giovane re del finto giornalismo, il cui sito è stato chiuso dalla Polizia Postale e che è stato denunciato.

“Catania, 15enne bruciato vivo. Massacrato perché cristiano”. “Roma: extracomunitario tenta di stuprare bambina. Interviene un passante e lo demolisce”. “Napoli, ospitano un pakistano a cena: stupra la figlia e viene picchiato dal padre”. “Marocchino salva bambino in mare e poi muore per la fatica”. “Quattro tunisini stuprano la moglie e poi uccidono il marito a sprangate”. “Nigeriano stupra madre e figlia, il marito gli getta l’acido sul pene”. “Immigrato violenta bambina di 7 anni. Il padre gli taglia le palle e gliele fa ingoiare”. Con quest’ultimo titolo, e relativo “articolo”, “ho fatto più di cinquecentomila visite, e guadagnato mille euro, solo nella prima settimana”. Senza contare le centinaia di migliaia di Mi piace e condivisioni su Facebook.

Funzionava così: il protagonista del nostro articolo ha aperto un blog, l’ha trasformato in un giornale di informazione in Rete e ha cominciato a pubblicare notizie molto spesso inventate di sana pianta, bufale e fandonie che mettevano al centro della scena (del crimine) sempre e soltanto lui: il nemico immigrato e le sue nefandezze. Più la sparava grossa, più ingannava deliberatamente, più soffiava sul fuoco dello spirito peggiore del nostro tempo e più gli aumentava il volume di visualizzazioni e lettori. Che lievitavano a numeri inimmaginabili.

E a questo punto faceva soldi veri, talvolta a palate, grazie alla pubblicità di Google Adsense e similari. Ogni click, un tot di centesimi. “Ogni mille visite guadagnavo due euro” ci rivela. Conta solo la quantità di “contatti”: alla propaganda di massa ci pensavano Facebook e gli altri social newtork, dove condivideva e spammava gli articoli falsi attraverso una girandola di fake e pagine fittizie forti, a loro volta, di consensi impressionanti: quasi 87 mila i followers di “Uomo d’onore”, e ben 130 mila quelli di “Cresciuti per le strade”. Un like, si sa, tira l’altro e a furia di essere diffusa qualsiasi notizia può diventare virale, e quindi verosimile, e perciò “vera”.

Gli algoritmi dell’advertising sul web non sono programmati per riconoscere le categorie del bene e del male. Dalla sua cameretta di San Cataldo, nella provincia di Caltanisetta, un giovane studente di nemmeno vent’anni, Gianluca Lipani, era diventato un piccolo imperatore del finto giornalismo a base di razzismo e caccia all’immigrato online. Prima che circa un mese fa la Polizia postale siciliana lo scoprisse e denunciasse per istigazione alla discriminazione razziale.

Il suo sito di “informazione”, “Senzacensura.eu”, “il blog senza peli sulla lingua”, oggi oscurato, era seguitissimo: “Viaggiavo sui 500 mila lettori al mese”. Senzacensura.eu era una terra promessa per tutti gli aspiranti o magari inconsapevoli Ku Klux Klan all’italiana. Perché raccontava, o meglio, immaginava storie raccapriccianti dove gli italiani, “brava gente già stremata dalla crisi”, erano sempre vittime di immigrati brutti, sporchi e cattivi, colpevoli dei reati più immondi, mentre lo Stato lassista e parassitario sta a guardare.

Sbatti il mostro – extracomunitario of course – in homepage. Tutto ciò per puro spirito di “mercato”. “Non agivo per risentimento nei confronti di soggetti di diversa nazionalità. Lo scopo della mia attività era quello di attirare l’attenzione sul mio sito guadagnando, con i banner pubblicitari, dagli ingressi degli utenti” ha dichiarato il ragazzo ai carabinieri, e lo stesso ha fatto a noi, nell’intervista esclusiva che segue. “Non siamo di fronte a un singolo articolo, ma c’è stata una reiterazione nel tempo e molte persone erano portate ad avere un senso di risentimento nei confronti degli extracomunitari” è stato il commento del dirigente della polizia postale Marcello La Bella. E Senzacensura.eu era solo uno dei tanti portali che “commercializzano” la tragedia di migranti in fuga da guerre e orrori.

Sul suo profilo Facebook “ufficiale”, Gianluca Lipani ha 3310 amici. Posta roba innocente, indistinguibile da quella dei suoi coetanei. Calcio, humour greve, battute sulla nuova Miss Italia e foto d’amore con la fidanzatina, che gli scrive: “Sei la persona più bella del mondo. Sei un ragazzo d’oro”. Gianluca porta i capelli dritti e sparati come quelli dell’ex attaccante del Milan El  Shaarawy. Orecchini. Fisico palestrato il giusto. Sopracciglia ad ali di gabbiano. Una passione generazionale per il rap. Quando Senza Censura.eu era ancora online, lui si firmava “Il Divulgatore” e si descriveva così:

“Sono un webmaster che cerca di dar voce agli italiani tramite la diffusione virale. Da troppo tempo noi italiani subiamo le spergiure di uno Stato ignobile che pensa a sfamare i propri governanti e lasciare nella miseria i cittadini. Da questo momento saprete la verità grazie alle informazioni che vi pongo giorno dopo giorno. Solo tramite l’informazione, QUELLA VERA, riusciremo a distruggere questa situazione che ormai affligge la vita di molti italiani”.

L’intervista completa su L’Espresso.

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