Social Eating, stasera mangiamo a casa di uno sconosciuto

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Il ‘social eating’ permette agli appassionati di cucina di trasformare il proprio indirizzo privato in un pubblico esercizio e diventare ristoratori per una sera. A mettere in contatto cuoco e clienti è Internet.

L’apericena, il ristorante etnico, la trattoria fuori porta? Uffa uffa. Meglio mangiare a casa. Di un altro, però. L’ultima frontiera della ristorazione ha un nome inglese come tutto ciò che è nuovo: «social eating».

In pratica, si tratta di trasformare il proprio indirizzo privato in un pubblico esercizio e di diventare ristoratore per una sera. A mettere in contatto cuoco e clienti è naturalmente Internet. Fioriscono app e siti dedicati, il primo dei quali, per creazione e numero di iscritti, si chiama Gnammo. «Abbiamo sdoganato il social eating in Italia», racconta uno dei tre titolari, Cristiano Rigon, 41 anni (gli altri sono Gianluca Ranno e Walter Dabbico). La sede è a Torino, all’I3P, l’incubatore di startup del Politecnico, gli utenti iscritti sono 160 mila, quelli che hanno già effettivamente fatto l’esperienza 10 mila, i cuochi poco meno di 4 mila. «Non è ancora un grande business, ma lo diventerà. Intanto, è già un successo. Puntiamo sulla voglia di stare insieme, mai così forte come di questi tempi, quando con il vicino di casa si chatta invece di parlargli».

Il meccanismo è semplice. Il cuoco mette in rete l’indirizzo di casa, la data, il menu e il costo della cena, il numero dei posti disponibili e magari le recensioni di chi ha già partecipato. I clienti si iscrivono, pagano, cenano e poi commentano. Spesso si mangia bene e sempre a prezzi più contenuti che nei ristoranti «veri». «Però – spiega Rigon – la vera molla è la convivialità». Perché a tavola si mangia con gente mai vista e appena conosciuta, come nelle table d’hôte delle locande di una volta, dove si stava tutti insieme e, pare dalle testimonianze dei viaggiatori del Grand Tour, anche appassionatamente.

Resta da incontrare uno di questi chef al (loro) domicilio. La storia di Federico Bonaconza, 39 anni, veronese trasferito a Milano, è esemplare. È un ex attore, e non amatoriale: ha studiato alla Paolo Grassi e ha recitato per 13 anni, a teatro (anche con Paolo Rossi) e in tv (anche a «Camera café»). Poi ha scelto la sua altra passione, la cucina. «Ma non è molto diverso: cucinare è un altro modo di comunicare». Bonaconza si è diplomato all’alberghiero («Due anni di corso serale, è stata durissima») e adesso lavora come manager e cuoco in un ristorante storico di Milano. A casa sua tiene corsi di cucina il sabato e il lunedì e, ogni martedì, riceve i clienti di Gnammo: «Proponi la casa, la cena e la gente arriva. Magari i cuochi “veri” funzionano di più di quelli amatoriali e avere un appartamento accogliente aiuta. Però alla base c’è una gran voglia di conoscere gente nuova. Non a caso, la categoria più rappresentata è quella dei divorziati, dei neosingle e degli appena scoppiati».

Prossima cena, martedì. Tutto pesce: flan di oratina e spinacine, lasagna con gallinella e julienne di carciofi, involtini di dentice ed erbe di campo, radicchio con pancetta e pepe rosa, semifreddo al Campari e pompelmo rosa, vino bianco, acqua, the, caffè, ammazzacaffè. Il tutto per 30 euro. Come dire: divertente e conveniente. (fonte)

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