Perché Facebook potrebbe non funzionare dopo il 31 gennaio

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Scadrà il 31 gennaio l’accordo che permette il libero trasferimento dei dati personali dei cittadini europei negli Stati Uniti, dichiarato illegittimo dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Non c’è ancora una nuova intesa, quindi…

1. Cos’è il Safe Harbor?

È il principio che permette alle aziende americane di spostare i dati personali dei cittadini dell’Unione europea negli Stati Uniti: un “approdo sicuro”, questa la sua traduzione letterale, per le imprese americane che fino a oggi potevano considerarsi automaticamente in regola nel trattamento della privacy dei cittadini europei. La norma è entrata in vigore nel 2000, quando la Commissione europea ha stabilito che questo regime di garantiva una adeguata protezione dei dati personali trasferiti dall’Europa.

2. Perché se ne parla?

Perché questo accordo sta per saltare. Il 6 ottobre 2015, una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che l’automatismo che permette di trasferire i dati di chi vive nella Ue negli Usa va modificato e deve diventare più stringente.

3. Fino a quando resterà valido il Safe Harbor?

L’accordo è valido fino al 31 gennaio. Le Autorità garanti per la privacy europee hanno preso atto della decisione della Corte di Giustizia e dato tempo fino alla fine di questo mese alla Commissione europea per arrivare a un “Safe Harbour 2” che tuteli davvero la privacy dei cittadini europei dall’altra parte dell’Atlantico.

4. Quanto è importante questo accordo?

È strategico. D’ora in poi aziende come Facebook, Microsoft e Google che immagazzinano i dati relativi ai loro milioni di utenti nei loro server americani potrebbero essere costretti a seguire regole più ferree. Ma non ci sono soltanto i giganti dell’hi-tech. Il sito Business Insider stima che almeno 4.500 imprese abbiano beneficiato di Safe Harbor fino a oggi.

5. Quindi che cosa succederebbe se non si arrivasse a una nuova intesa?

Le imprese sarebbero bloccate: non potrebbero più trasferire i dati raccolti in Europa verso gli Usa.

6. A che punto è la discussione per trovare un nuovo accordo sull’ “approdo sicuro”?

Per usare la stessa metafora, potremmo dire che la nave è ancora lontano dalla terra ferma. Le trattative sono a un punto quasi morto. Tanto che, il 22 gennaio, il Garante per la privacy, Antonello Soro ha scritto una lettera-appello al premier Matteo Renzi perché la questione venga risolta in tempi stretti. «Purtroppo – scrive Soro – non sono maturate ad oggi le condizioni per conseguire un utile risultato entro la scadenza indicata dalle Autorità, in ragione della persistenza di nodi politici che, di fatto, rendono al momento difficile un’intesa tra la Commissione e gli Stati Uniti d’America».

7. Qual è il prossimo passo?

Della questione del Safe Harbor si è parlato nei giorni scorsi durante il Word Economic Forum di Davos. Andrus Ansip, il Commissario europeo per il mercato unico digitale, ha detto di essere fiducioso: «Saremo in grado di raggiungere un accordo per tempo». Ma quello che arriverà, sempre se arriverà, potrebbe essere soltanto un accordo di massima, una prima intesa.

8. E se non si arriverà a un accordo entro il 31 gennaio?

Il 2 febbraio è già stata fissata una riunione delle Autorità garanti per i dati personali europee, le quali, come ha stabilito la sentenza della magistratura Ue, potranno sospendere i trasferimenti di dati verso quei paesi che non garantiscono un livello di protezione sufficiente.

9. Quali sono le conseguenze se non si giunge a un’intesa?

Sono soprattutto economiche. I dati personali collezionati da Google, Facebook e Microsoft servono per alimentare il settore milionario della pubblicità online.

10. Ma non esistono normative alternative al Safe Harbor?

Sì, esistono le clausole contrattuali standard o le regole di condotta tra società facenti parti dello stesso gruppo d’impresa. I due strumenti sono previsti dal codice della privacy. Però non è detto che le imprese, confidando in un rapido intervento della Ue, abbiano deciso di mettere in pratica simili alternative. (fonte)

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