Sempre più collegati software ”piratati” e virus
Gli attacchi dei criminali informatici e il software ‘piratato’ sono sempre più connessi: più è elevato il tasso di pirateria in una nazione, più è probabile che i computer di quel Paese vengano colpiti da attacchi malware. E’ quanto emerge dall’ultima ricerca degli analisti della Idc per conto della Bsa, la Business Software Alliance, l’associazione mondiale dei produttori di software. Nell’ultimo anno la correlazione tra uso di software illegale e gli incidenti legati a malware è arrivato a un rapporto 0,79 su 1.
L’analisi della Idc ha rapportato i tassi di software privo di licenza installato in ben 81 nazioni al dato di attacchi malware subiti sui computer dei medesimi Paesi, risultante da un’indagine condotta da Microsoft. “Le infezioni malware sono causa d’ingenti danni per le organizzazioni, rileva Jodie Kelley, Senior Vice President di Bsa. “Questa ricerca dimostra che la correlazione fra impiego di software illegale e malware è reale e concreta, sicché una valida gestione del software è un primo passo fondamentale per ridurre i rischi informatici”.
Secondo l’ultimo Global Survey Software della BSA, in Italia il tasso di pirateria è pari al 47%, superiore alla media mondiale del 43%, comprensiva anche delle economie in via di sviluppo. “Ci auguriamo che lo studio di IDC venga preso in seria considerazione proprio in Italia, dove purtroppo sembra di notare una tendenza ad andare piuttosto nella direzione opposta”, commenta Simonetta Moreschini, presidente di BSA Italia.
“Infatti, se con l’approvazione della legge n. 67 del 28 aprile 2014 avevamo fatto un significativo passo in avanti, oggi quel provvedimento rischia di essere depotenziato per un ricorso che ne sta mettendo a rischio la reale applicabilità. Anche il decreto legislativo recante disposizioni in materia di ‘non punibilità per particolare tenuità del fatto’, attualmente all’esame delle Commissioni Finanze di Camera e Senato, rischia di colpire il sistema di ‘enforcement’ dei diritti di proprietà intellettuale e industriale” e “di avere ricadute in termini di sicurezza informatica”. (ANSA)