Pubblica foto su Fb con lui e dopo 4 ore lo uccide

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Uccide il «re della mela annurca»: la foto con vittima e assassino, insieme, su Facebook quattro ore prima del delitto

L’ultima foto della vita di Gennaro Galdiero è stata pubblicata dalla sua compagna su Facebook martedì mattina, due giorni fa. Accanto a lui, in mezzo a un pescheto, l’uomo che dice di essere il suo assassino, Pasquale Savanelli. Galdiero sorride e gli cinge le spalle con un braccio, Savanelli gli posa una mano sulla schiena. Sono le 11 e 27 quando quell’immagine viene caricata sul social network. Meno di quattro ore dopo, Savanelli ammazzerà Galdiero.

O, almeno, questo è quello che rivela ai carabinieri. Una storia da raccontare con prudenza, quella dell’imprenditore ortofrutticolo ucciso due giorni fa a Caianello.

Gennaro Galdiero — 41 anni, nato a Calvizzano, residente a Sessa Aurunca, amministratore delegato della Serena Aop, uno dei volti più noti nel settore della produzione di frutta tanto da essere chiamato il «re dell’annurca» — pranza al Contadino, un agriturismo all’uscita dello svincolo di Caianello, lungo l’autostrada Napoli-Roma. Seduto con lui, a quel tavolo del locale di via Starze, c’è Pasquale Savanelli, 52 anni, origini napoletane, residenza a Teano, altro imprenditore attivo nel settore della frutta, presidente della Serena Aop. I due lì sono di casa. «Venivano almeno due volte a settimana», racconta Berardino Lombardo.

Li conosceva entrambi, e l’ha raccontato anche ai carabinieri che l’hanno ascoltato. Era amico di Galdiero, «una persona stupenda con cui ho anche lavorato». E sa chi è Savanelli, «che davvero non pensavo potesse fare quello che ha fatto». I due, mentre pranzano, discutono. «Già, ma chi è che non discute?».

Galdiero esce fuori dal ristorante, sale a bordo della sua Bmw, risponde al cellulare. C’è un cliente, al telefono. Ed è quel cliente ad ascoltare le sue ultime parole. «Questo è scemo, c’ha la pistola. Aiuto». Poi un tonfo. L’eco di colpi sordi. Il silenzio. E nulla più. Il cliente chiama il fratello di Galdiero, gli dice che forse è accaduto qualcosa. A Caianello, intanto, il titolare del Gotha sente gli spari, si precipita fuori dal ristorante e chiama i carabinieri. L’auto dell’imprenditore è ferma lì, il finestrino ancora abbassato come se avesse provato a parlare, prima di tentare la fuga. Inutile. Un proiettile lo centra al torace, uno al collo, uno al volto, uno alla mano. Quale l’abbia ucciso lo dirà l’autopsia, fissata per oggi dalla Procura. Galdiero viene trasportato in fin di vita all’ospedale di Piedimonte Matese, i carabinieri di Capua ascoltano i primi testimoni.

Scatta la caccia all’uomo, e in serata Savanelli si presenta alla caserma di Vairano. È sconvolto e piange. In mano ha una pistola, una Smith&Wesson calibro 38, una di quelle a tamburo come si vedono nei film. La consegna ai militari, con dentro solo tre pallottole. Le altre tre, dice, sono quelle che ha usato per uccidere Galdiero. Le ferite riscontrate in ospedale, però, sono quattro. Quindi, o un proiettile ha attraversato la mano e poi colpito il torace, oppure all’appello ne manca uno (e, dunque, manca un’altra arma). Savanelli, però, questo non lo spiega.

Non chiarisce neppure il movente. «È sotto choc, parlerà appena potrà», spiegano i suoi difensori al pm. La Procura ordina gli accertamenti di rito. L’obiettivo è verificare se la confessione è attendibile, se Savanelli ha agito da solo o con l’aiuto di qualcuno, se sono vere le voci che parlano di continui litigi tra i due per le pressanti richieste economiche di Savanelli all’imprenditore. Gennaro Galdiero, intanto, muore. Ucciso da quel socio con cui discuteva tanto, ma del quale è stato amico. Ridevano, Gennaro e Pasquale. Come nell’ultima foto, con il pescheto di San Castrese a far da cornice al loro abbraccio. L’avventura di Gennaro, quindici anni fa, iniziò proprio lì, in mezzo a quegli stessi alberi che ora fanno da sfondo all’ultima immagine della sua vita. E al miraggio dell’amicizia con Pasquale, un sogno infranto da tre proiettili.

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