In rete foto e informazioni di bambini, colpa dei genitori

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Spesso sono gli adulti a diffondere attraverso forum e social network informazioni sui figli, per cercare consigli o per mostrare ad amici e parenti le loro immagini. Ma non sempre è una buona idea.

Sempre più genitori condividono informazioni, foto e video dei loro bambini su Facebook e altre piattaforme social. Il fenomeno è stato battezzato sharenting (da “share”, condividere, e “parenting”, essere genitori): un’indagine del C.S. Mott Children’s Hospital dell’Università di Michigan cerca di metterne in luce i pro e i contro. Per madri e padri dell’età dei social network si tratta di un’attività molto comune. Questo loro atteggiamento, però, rischia di mettere a repentaglio la privacy dei figli minori, creando, oltretutto, una loro identità digitale prima che diventino adulti e in grado di usare consapevolmente gli strumenti web.

Secondo i ricercatori, che hanno intervistato un campione rappresentativo di genitori Usa con bambini di età inferiore ai 4 anni, spesso si esagera nella pratica dello sharenting. Perché è difficile resistere alla tentazione di condividere via Internet. Quando i piccoli sono malati, fanno i capricci, piangono o si disperano, urlando a squarciagola, si va sul web per chiedere consigli ai più esperti. Non è facile il lavoro di mamma e papà e si ricorre a blog, forum, e social network per parlare dei problemi della genitorialità, discutere e scambiare opinioni con altri adulti, e trovare conforto e rassicurazione da chi ha già passato la stessa esperienza.

La maggior parte, il 72% dei casi, si rivolge a social network e forum per sentirsi meno soli. D’altra parte, i temi discussi con più frequenza sono quelli della quotidianità come la salute, il sonno, l’educazione, l’alimentazione e il comportamento. Molti sottolineano gli aspetti positivi della condivisione. Restare sveglio tutta la notte perché il bambino non ne vuole sapere di dormire e contattare su Facebook un amico per chattare serve a sfogarsi e a ritrovare la calma. Utilizzare i social network può, d’altronde, essere un modo per mantenere rapporti con parenti e conoscenti lontani, e tuttavia ci sono anche i lati negativi dello sharenting. Con troppa noncuranza gli adulti, a volte, espongono i piccoli sotto i riflettori dei social media. Non di rado, i minori diventano popolari baby star, loro malgrado. Tra gli esempi, si possono citare video virali come “Charlie bit me finger ” che ha avuto un grosso impatto , tanto da conquistare l’interesse di Wikipedia , per giunta consentendo ai genitori di intascare migliaia di dollari.

Qualche blog come STFU, Parents ha tentato di affrontare la questione prendendo in giro gli adulti “sharenter”, ma dal sondaggio di C.S. Mott Children’s Hospital emerge la preoccupazione di conseguenze più serie a danno dei più piccini.

I pericoli riguardano, innanzitutto, sicurezza e privacy – spiega Sarah J. Clark, ricercatrice della University of Michigan. Oltre la metà dei genitori interpellati temono che i contenuti da loro postati possano mettere in imbarazzo i loro figli, una volta cresciuti. Dati che possono riferirsi ad aspetti sensibili della vita personale di un bambino o permetterne la localizzazione. Clip e immagini, magari inappropriate, che, inserite online, possono sfuggire al controllo, finendo in chissà quali mani.

Di quelle dei cyberbulli, ad esempio. Non solo giovani ma anche adulti, come nel caso del gruppo Facebook , chiuso qualche tempo fa, i cui autori si divertivano a postare commenti sulla bruttezza di bimbi ritratti su foto, prese dal web senza autorizzazione.

Come se non bastasse, più di recente, è stato denunciato un odioso fenomeno di vero e proprio “sequestro digitale ” dei contenuti online. Una tendenza in cui estranei si appropriano fraudolentemente di foto di bambini altrui, spacciandosi per i loro genitori su Facebook o Instagram.

Per chi lo subisce il “digital o virtual kidnapping” rappresenta un’esperienza scioccante che, per reazione, può portare le persone ad agire sul web in maniera più responsabile. Senza rinunciare a condividere ma essendo attenti a proteggere di più i loro piccoli e la loro privacy. (fonte)

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