Facebook e la privacy, come sopravvivere

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Facebook,  grazie ai suoi potenti algoritmi di analisi dei dati, riesce a scoprire aspetti del nostro comportamento che non ci sogneremmo mai di rivelare spontaneamente. Ma per tutelare la propria privacy basta poco…

Aggiornamenti di status, commenti a notizie e post degli amici, check-in: per Facebook “tutto fa brodo”. O, meglio, tutto fa profilo: come abbiamo più volte spiegato, ogni azione sul social network contribuisce ad arricchire di preziose informazioni il nostro file sui server dell’azienda di Menlo Park.

Con tutta probabilità la creatura di Zuckerberg è la più completa e ricca collezione di dati sui singoli esseri umani mai realizzata. Solo Google dispone di una quantità di dati maggiore, ma si tratta di informazioni grezze e spesso non collegate a uno specifico profilo con tanto di nome e cognome.

FACEBOOK SA… 

Non solo: i potenti algoritmi di analisi messi a punto dagli ingegneri di Facebook sono in grado di incrociare tra loro dati diversi per ottenere su di noi informazioni che mai ci saremmo sognati di rivelare al social network. Un esempio? L’utilizzo che facciamo del servizio, le ore e i luoghi dal quale accediamo (tutte informazioni normalmente registrate dai server di Facebook) permettono con una certa semplicità di scoprire se siamo lavoratori instancabili o se siamo facili alla distrazione.

E le foto che pubblichiamo sulla nostra bacheca, le pagine e i post che “piaciamo”, i commenti che condividiamo, potrebbero attribuirci il profilo di creditori più o meno affidabili o di persone dalla salute più o meno cagionevole. Tutte informazioni che per un datore di lavoro, una banca, un’assicurazione potrebbero essere determinanti nel decidere se assumerci, concederci un mutuo o una polizza sanitaria.

TUTTO IN PIAZZA.

La fame di informazioni di Facebook sembra comunque inarrestabile: qualche giorno fa l’azienda ha annunciato il lancio, per ora negli Stati Uniti e nei paesi di lingua inglese, del nuovo servizio di Universal Search grazie al quale sarà possibile effettuare ricerche per parole chiave nei post pubblici (cioè non contrassegnati come privati) di chiunque.

Abbiamo fatto una prova collegandoci a Facebook tramite un proxy americano (simulando cioè attraverso uno speciale software di essere negli States) ed effettuando una ricerca per la parola chiave “hangover”, sbronza. Il risultato è stato imbarazzante: ci siamo imbattuti in decine di post e fotografie di persone che raccontavano, commentavano e pubblicavano foto dell’ultima serata un po’ troppo allegra.

QUANTO DURERÀ?

E mentre Facebook, Google e social vari investono sempre di più nello sviluppo di intelligenze artificiali che possano profilarci sempre meglio per veicolarci il messaggio pubblicitario perfetto, qualcuno comincia a domandarsi se non si sia passato il segno. Quanto è sostenibile, nel lungo periodo una strategia di questo tipo?

Non c’è il rischio che gli utenti si sentano traditi e inizino a condividere sempre meno o, addirittura, abbandonino il magico mondo dei social mettendo in crisi un business miliardario? Il rischio è che la prossima bolla economica destinata a scoppiare sia quindi quella della privacy.

CHE COSA FARE.

Nel frattempo il consiglio che ci sentiamo di darvi è sempre il solito: prudenza nelle informazioni che si condividono sui social e massima attenzione alle impostazioni di privacy relative ad ogni specifica azione.

Insomma, se proprio volete sbandierare con gli amici la vostra prossima serata “no limits” cercate almeno di fare in modo che non se ne accorga il vostro capo. (fonte)

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