Pubblicità online, Facebook traccia i «Mi piace»

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E’ diventata una guerra. Mentre Apple apre agli ad-blocker con il sistema operativo iOs 9, Facebook potenzia il tracciamento a fini pubblicitari rilevando i «Mi Piace» esterni al social network.

(dal Corriere della Sera) La prima mossa l’ha fatta Apple. Con iOs9, il suo nuovo sistema operativo per smartphone e tablet, ha introdotto il supporto ai content blocker, isoftware che impediscono la visualizzazione della pubblicità sul browser Safari. A pochi giorni dal lancio, le app dedicate a questo scopo hanno scalato la classifica dei programmi più scaricati sui dispositivi della Mela. Sono servizi che, nelle intenzioni di Cupertino, migliorano l’esperienza di navigazione degli utenti limitando la comparsa di pop-up, inserzioni video e banner pubblicitari. Ma a incassare il colpo sono gli editori e, soprattutto Google, come abbiamo raccontato. Il gigante di Mountain View gestisce la maggior parte della pubblicità sul web ed è questa la sua principale fonte di profitti. Al riparo dalla tempesta c’è Facebook, le cui inserzioni vivono in autonomia sulla sua app. Il social network di Mark Zuckerberg è cresciuto fino a diventare il secondo attore nella pubblicità mobile. E, dal nuovo scenario, ha subito deciso di trarre vantaggio: a partire dal mese prossimo inizierà a tracciare i dati di navigazione attraverso i pulsanti “Mi piace” e quelli di condivisione per offrire pubblicità mirate. L’annuncio è arrivato mercoledì 16 settembre, tramite un post ufficiale.

La nuova profilazione di Facebook

Che Facebook sfruttasse i tasti di condivisione che popolano la maggior parte delle web per collezionare i dati degli utenti è noto dal 2010. Per esser tracciati dal social network è sufficiente visitare una pagina che contenga questi bottoni. Cliccare su “Mi piace” o “Condividi” non è strettamente necessario, dà solo qualche informazione in più. I dati vengono raccolti comunque,persino se non siamo iscritti alla piattaforma social. Adesso, in base alla novità appena annunciata, vengono sfruttati a fini pubblicitari. Nel giugno del 2014 l’azienda aveva anticipato di aver sviluppato un sistema per «fornire pubblicità migliori e dare più controllo agli utenti attraverso i tasti di condivisione». Ora questa tecnologia è pronta a partire: un tempismo perfetto per convincere gli inserzionisti preoccupati dall’ascesa degli ad blocker a investire nelle sicurezze offerte da Facebook.

Le preoccupazioni sulla privacy

Il social network assicura di non setacciare in modo selvaggio. «Abbiamo introdotto una nuova opzione che permette di disattivare questo tipo di annunci dall’area impostazioni nella sezione pubblicità. Chi usa questo strumento assume il pieno controllo sulle inserzioni profilate attraverso tutti i dispositivi e tutti i browser su cui si usa Facebook» ha spiegato Stephen Deadman, responsabile della privacy dell’azienda. Ma secondo l’Electronic Frontier Foundation, una delle maggiori associazioni in difesa dei diritti digitali, non è una misura sufficiente. Perché «promettere che i dati non verranno utilizzati non è equivalente a promettere di cancellarli. La maggior parte delle persone non sa che è sufficiente caricare una pagina con un tasto Like per donare i propri dati a Facebook» commenta Rainey Reitman dell’Eff. Da questo punto di vista, non sono risolutive né la recente introduzione della cookie law italiana, né le misure introdotte in Irlanda (dove gli utenti non registrati a Facebook, quando navigano il sito, vengono avvisati delle informazioni che stanno per cedere): rendono noti agli utenti che stanno per cedere i propri dati ma non fanno nulla per disciplinare il modo in cui questi vengono raccolti.

Do not track

Per l’associazione, uno strumento più adeguato e trasparente sarebbe lo standard «Do not track», sviluppato dalla stessa Eff e annunciato ad agosto. Secondo Casey Oppenheim, Ceo di Disconnect (un servizio per la protezione dei dati), l’antipatia verso la pubblicità online è cresciuta perché le aziende hanno sottovalutato le questioni legate alla privacy: «L’industria pubblicitaria e gli attivisti per la difesa della privacy non sono riusciti a raggiungere un compromesso sul ‘Do not track’. Ciò ha causato la rapida crescita degli ad blocker, perdite enormi da parte del mercato pubblicitario e la nascita di modi più subdoli per raccogliere informazioni. La nostra speranza è che questo nuovo standard protegga la privacy dei consumatori e incentivi gli inserzionisti a rispettare le scelte degli utenti, permettendo alla pubblicità e al diritto alla riservatezza di convivere».

Ad-blocker in cima alle classifica

Non è solo una questione di privacy, in molti casi l’uso degli ad-blocker allunga la durata della batteria e permette di consumare meno traffico. Non bisogna però dimenticarlo: così si sottrae una fonte di guadagno (spesso l’unica) alle testate online. Wired Us, nel presentare – per dovere di cronaca – questi software ha sottolineato: «Per favore, non bloccate la nostra pubblicità», mentre la testata The Verge, in un articolo catastrofista, profila la «lenta morte del web». Come abbiamo accennato, negli ultimi giorni gli ad blocker per iOs 9 hanno scalato le classifiche. Le più famose sono Crystal, Purify, Blockr, Hide & Seek e 1blocker.

L’uscita di scena di Peace

Peace invece è stata ritirata dallo store della Mela. Trentasei ore dopo il lancio, era diventata l’ad blocker più celebre. È stata una decisione presa dallo sviluppatore Marco Arment, famoso per aver creato Instapaper e Overcast. Era stata scaricata 38 mila volte e aveva generato quasi 115 mila dollari, ma la sua diffusione «non mi sembrava una cosa buona». Per Arment i blocker sono necessari, ma colpiscono in modo indiscriminato anche chi non se lo merita. Poco dopo la messa online, l’autore si è accorto che l’app (che si appoggia al database del celebre servizio per la tutela della privacy Ghostery) bloccava anche la pubblicità del network dedicato a creativi e professionisti del web, The Deck, di cui è parte anche Arment. Certo, un utente può modificare i settaggi dei blocker e decidere quali contenuti pubblicitari visualizzare ma, con le impostazioni di fabbrica (quelle usate dalla maggior parte delle persone), anche le inserzioni di piccole dimensioni e non invadenti, come quelle di The Deck, vengono eliminate. E ad Arment non sembrava corretto che i suoi guadagni andassero a discapito degli editori. Ora chi ha già acquistato Peace potrà continuare a usarla, ma il software non verrà più aggiornato. (fonte)

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