Per un «Mi piace» su Facebook finiscono davanti al giudice

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Davanti al giudice per un «mi piace » su Facebook. Lo ha disposto il procuratore aggiunto di Brindisi Nicolangelo Ghizzardi che ha chiesto il giudizio per un semplice «click» sul social network che ha fatto finire diverse persone davanti al giudice Ambrogio Colombo. La Procura della Repubblica di Brindisi, dunque, ha chiesto il rinvio a giudizio per sette cittadini San Pietro Vernotico (BR), accusati di concorso in diffamazione.

L’inchiesta, come si diceva, è stata avviata per un semplice “mi piace” su uno stato di Facebook ritenuto lesivo nei confronti di chi ha presentato la querela: ossia l’ex sindaco Pasquale Rizzo ed il legale del Comune Guido Massari. Una battaglia giudiziaria per la quale i denunciati sostengono che il “mi piace” è espressione di libertà di pensiero.

I fatti risalgono all’ottobre del 2014, quando G.M. di Torchiarolo, di anni 34, M.C. di anni 29 di S. Pietro Vernotico, D.G. di S. Pietro Vernotico di anni 35, D.A. di anni 49 di Cellino S. Marco, A.G. di anni 44, M.M. di anni 28 di S. Pietro Vernotico e F.R. di anni 40 mettono “mi piace” ad un post ritenuto diffamatorio. Infatti, finiscono per essere imputati per diffamazione in concorso.

I fatti – più esattamente – risalgono al 2 e 14 ottobre 2014. Secondo l’accusa, tra di loro avrebbero «offeso l’onore del decoro e la reputazione di G.M. e dell’ex sindaco P.R.». «In quanto – è riportato nel dispositivo -, in alcuni scritti e postati sulla bacheca pubblica del social network denominato Facebook, facendo riferimento in generale alla gestione della struttura amministrativa del Comune, di cui P.R. era sindaco e, in particolare, della conduzione dell’Ufficio legale dell’anzidetto comune, di cui G.M. è responsabile, davano vita ad un dialogo nel corso del quale il G.M. era accusato di un costante assenteismo dall’Ufficio, di una gestione delle cause per risarcimento danni intentate nei confronti del Comune, inquinata da un enorme conflitto di interessi perché finalizzata ad una autoliquidazione dei compensi anche “sulle cause non vinte”, ipotizzando, altresì, la percezione da parte del G.M. di “indennità discutibili” e, in definitiva, accusando il G.M. di opporsi sistematicamente a transigere le controversie con i cittadini “perché altrimenti ci sono meno parcelle per il legale”ma con l’effetto perverso di generare “una triplicazione dei costi” come” Capolavori dell’Amministrazione”».
Il tutto in un «generale contesto diffamatorio, di dileggio e di minaccia, condiviso da parte di tutti i partecipanti».

La notizia ha fatto il giro del paese, ed è già apparsa su Facebook, anche perché gli imputati hanno già postato le proprie reazioni e posizioni rispetto alla citazione in giudizio. E da quanto si riesce a carpire, sono pronti a difendersi a denti stretti. (fonte)

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