Cassazione, attenzione ai commenti su Facebook

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Su Facebook (ma anche su altri social network), commentare la notizia e criticare il giornalista può portare ad un’accusa di diffamazione. Si configura il reato se le frasi offensive non sono “generiche”. Quindi attenti alle critiche che fate commentando un post.

Facebook sembra diventata un’interminabile rassegna stampa ed è anche difficile, per gli utenti del social network, orientarsi nel caotico mare dell’informazione, tra bufale, notizie poco attendibili, smentite e falsi allarmi. Questo però non giustifica la presenza, nei commenti ai vari post, di frasi eccessivamente irriverenti e dirette personalmente contro l’autore del “pezzo”, e poiché la diffamazione è, da prima che nascesse Facebook, un reato sanzionato dal Codice Penale, non è possibile pensare di non essere punibili solo perché è diventato “una moda” comportarsi incivilmente.

Qualche giorno fa la Cassazione, con una sentenza (Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 marzo – 15 maggio 2015, n. 20366), ha lanciato un monito al popolo di internet e, in particolare, del social network Facebook: “Non esagerate nei commenti!

I commenti negativi, postati sul social network, contro l’autore del pezzo giornalistico o la stessa testata possono integrare il reato di diffamazione quando si risolvono in attacchi precisi e mirati. In altre parole, rivolgersi all’indirizzo del giornalista con frasi offensive – quindi non un’espressione di una normale critica – può costare il rischio di un procedimento penale. Se la vittima è “suscettibile” e non è intenzionata a lasciar passare il commento, ci si può mettere in un bel pasticcio.

 

 

La vicenda

La vicenda giudiziaria nasce da un articolo giornalistico postato su Facebook. I commenti negativi contro l’autore del pezzo hanno però fatto scattare, per i titolari dei relativi account, l’accusa di diffamazione. Nel caso di specie, la sentenza è approdata al proscioglimento per genericità delle parole, prive di riferimenti alla testata e ai giornalisti. Insomma: salvi per un pelo.

Per la punizione i commenti devono essere rivolti alla persona Per contestare il reato di “diffamazione” – scrive la Cassazione – è necessario che vi sia una correlazione tra i commenti apparsi su Facebook e gli autori dell’articolo pubblicato sul giornale.

Scrivere “giornalista deficiente, ignorante, ecc.” è certamente sufficientemente specifico. Se invece i commenti non fanno alcun riferimento al giornale, né al luogo di pubblicazione, né agli autori dell’articolo e nemmeno all’articolo commentato (per esempio “certe persone non sono degne di vivere”) allora il reato non può essere contestato e il giornalista non può ritenersi diffamato. (fonte)

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