Terrorismo, ”intercettazioni anche in chat e playstation”

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“Un tempo lo scambio delle notizie avveniva solo per telefono. Oggi gli strumenti sono molti di più e la rete offre infinite opportunità. Per questo dobbiamo potenziare i nostri sistemi di intercettazione e questo oggi abbiamo deciso. Sulle PlayStation? Sì, ma anche su tutte quelle chat legate ad altri programmi come, ad esempio, quelli per scaricare musica”. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, al termine di un vertice in via Arenula convocato per individuare novità per la prevenzione e il contrasto del terrorismo il vista del giubileo, annuncia le nuove misure.

Le parole del ministro oltre alle chat, indicano quegli strumenti tecnologici che non hanno un ruolo primario di comunicazione ma permettono ugualmente agli utenti di entrare in contatto diretto. Non ci sono prove che i terroristi utilizzino o abbiano utilizzato le PlayStation per comunicare, tanto che riguardo la pianificazione della tragedia di Parigi su PlayStation, si è apertamente parlato di “bufale“. Ma non c’è nemmeno la sicurezza che uno scenario del genere non sia verosimile, viste le ampie possibilità comunicative offerte dai videogame attuali, e non solo su PlayStation. Lo sa anche Sony, che in merito ha risposto pubblicamente al premier belga dopo gli attentati di Parigi.

“Isis comunica attraverso la chat della PlayStation 4”

Nel caso della PlayStation, i metodi di interazione tra utenti sono molteplici e “intercettarli” tutti al momento si tradurrebbe in un compito complesso. Nel caso più semplice, due o più persone possono comunicare sul PlayStation Network attraverso semplici messaggi di testo, che previa disponibilità all’accesso da parte di Sony (l’azienda che produce il sistema e gestisce il relativo “cloud”) sotto le mani degli investigatori, possono anche venire captati con relativa semplicità. Ma naturalmente il giorno dopo l’apertura a controlli più severi, non li utilizzerebbe più nessuno per comunicazioni da tenere nascoste.

Diverso e infinitamente più frastagliato è il caso delle comunicazioni “in-game”, quelle che avvengono all’interno dei giochi online, dove più giocatori si riuniscono e possono comunicare per scritto ma anche – e soprattutto – a voce e in video, privatamente e pubblicamente, verbalmente o con linguaggi visuali. In eventi-partite collettive non necessariamente aperte al pubblico ma destinate a utenti selezionati. Perché il digitale può abbattere le barriere ma anche essere usato per crearne di nuove. Intercettare quelle comunicazioni significa di fatto doversi “infiltrare” all’interno di comunità online sospette per svolgere un lavoro di intelligence del tutto simile a quello dei servizi sul territorio. Ma qui il panorama di possibili incroci giochi-orari-partite-server proprietari (le infrastrutture dei giochi online non passano tutte da Sony) potrebbe rivelarsi un terreno improbo, a meno di non prevedere una sorta di filtro a monte e sofisticate tecnologie di rilevazione di contenuti e meeting sospetti. Che richiederebbe qualcosa di simile a delle “leggi speciali” per i giochi online, che al momento si basano su dei termini di servizio standard. E in cui non è difficile la creazione di situazioni comunicative ad-hoc che rispondano alle misure governative. Insomma, uno scenario non facile.

Negli giorni successivi agli attentati di Parigi, Sony aveva risposto pubblicamente al premier belga Jan Jambon, che aveva dichiarato come PlayStation fosse un veicolo dal monitoraggio difficile. L’azienda di fatto ammette che il sistema può essere “abusato” da malintenzionati, ma dichiara anche di incoraggiare gli utenti e le aziende di videogame a segnalare comportamenti sospetti, che poi Sony segnala alle autorità competenti. Ma l’universo PlayStation è solo uno dei fronti elettronici possibili, i sistemi di gioco online sono molti e tutti hanno i loro labirinti. In cui non è difficile nascondersi. (fonte)

 

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