Servizi alle PA, dal 31 marzo obbligatoria la fattura elettronica

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Dimenticatevi di carta, penna e calcolatrice. Dal 31 marzo, per tutti i fornitori della Pubblica amministrazione, diventa obbligatoria la fattura elettronica. L’importo da fatturare per servizi prestati oppure beni ceduti a qualsiasi ente pubblico dovrà essere trasmesso in forma esclusivamente telematica. Si tratta del secondo step del percorso di digitalizzazione della Pa cominciato l’anno scorso. Il 6 giugno 2014 l’obbligo di fatturare in forma elettronica era entrato in vigore per le amministrazioni centrali: ministeri, agenzie fiscali, enti previdenziali, scuole, caserme di polizia e carabinieri, centrali di vigili del fuoco, sedi della guardia forestale, uffici di esercito, aeronautica e polizia penitenziaria. Adesso tocca alle regioni, alle Asl e agli oltre ottomila comuni italiani e a tutte le altre pubbliche amministrazioni.

Ciò significa, per esempio, che il fabbro che cambia la serratura della porta del municipio non potrà più battere cassa presentando un semplice foglio di carta con riportato l’importo della sua prestazione ma dovrà fare tutto via Internet, seguendo il procedimento messo a punto dall’Agenzia per l’Italia digitale. L’obiettivo è duplice: tenere sotto controllo e razionalizzare la spesa pubblica e spingere le imprese e la Pa verso l’innovazione.

«La prima fase di prova riservata alle amministrazioni centrali ha funzionato. E siamo ottimisti anche sulla riuscita di questo secondo step», spiega Maria Pia Giovannini, dirigente AgID e responsabile dell’area pubblica amministrazione.

Finora sono state gestite attraverso il sistema web oltre due milioni e 600mila fatture elettroniche delle quali l’82 per cento, cioè due milioni e 125 mila sono state inoltrate in maniera corretta. «Il restante 18 per cento è stato scartato dalla piattaforma a causa di errori nella compilazione». Ciò significa che il fornitore può dire addio ai suoi soldi? Niente affatto. «Oltre al codice di identificazione, esiste un “numero di sicurezza” che permette di far arrivare comunque a destinazione la fattura». Fino a oggi tutte le regioni e quasi tutti i comuni hanno svolto le operazioni di base richieste dall’Agenzia per l’Italia digitale per poter reperire fatture elettroniche.

«Ciò purtroppo non vuol dire essere pronti a gestire tutto il processo. Gli enti locali, però, anche i più piccoli, si sono registrati sull’Ipa, il registro delle pubbliche amministrazioni, una sorta di anagrafe che ci permette di identificarle e di aiutarle a gestire il passaggio. E’ necessario anche sapere come conservare i documenti. E’ ovvio che servirà, specie nei piccoli comuni, fare un po’ di pratica». I nuovi obblighi riguardano, infatti, non solo la compilazione e la trasmissione ma anche l’archiviazione dei dati. Va anche ricordato che, a partire dal 31 marzo, nessuna fattura emessa in formato non elettronico potrà più essere pagata.

E i fornitori? Per loro l’obbligo è dotarsi di un software per emettere e inviare le fatture elettroniche e provvedere alla loro conservazione. Per le piccole e medie imprese, che hanno pochi rapporti con le Pa, sono state messe a punto delle piattaforme gratuite. (fonte)

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