“Ragazzi, attenti: l’anonimato online è una bufala”

anonimaNon siete anonimi né impunibili. Su internet chiunque è rintracciabile, sempre, e le regole che valgono per il mondo “fuori” valgono già anche per il mondo della rete. Istruzioni per l’uso, utili a ragazzi (e non)

Cominciamo dalle basi. Ragazzi (ma non solo ragazzi, tutti), non siete anonimi. Quella idea che sentite ripetere in giro, e cioè che se il mio account è “cuoricino99″ nessuno saprà che si tratta di me, è una balla. Una balla clamorosa, colossale. Esistono gli indirizzi IP. Gli indirzzi IP sono rintracciabili. Compaiono all’admin del blog ogni volta che postate un commento. E, andando dalla polizia postale, ci vogliono meno di venti secondi per sgamare da dove vi siete collegati, rintracciare il vostro cellulare, il vostro tablet. E finire nei guai. Non importa se sul vostro profilo facebook vi siete iscritti come “Pinuccio Rompiballe”: se vi chiamate Andrea Rossi ricostruiranno subito chi siete, attraverso le mail e la geolocalizzazione.

Seconda balla: non è vero che su internet è tutto lecito e non si viene mai puniti. Se uno vi denuncia perché lo avete diffamato o insultato, se istigate a commettere reati con i vostri commenti o fate propaganda razzista, siete punibili secondo le leggi che valgono anche “fuori”. Perché non esiste un “fuori”, mettetevelo in testa. Il fatto che spesso decine di commenti pieni di insulti non si trasformino in grane legali è dovuto molto spesso alla sola bontà o pigrizia di alcune vittime, che, giustamente, quando la cosa non supera certi limiti, preferiscono dare ai commenti offensivi lo stesso peso delle scritte anonime che una volta si lasciavano sulle porte dei bagni pubblici. Ecco, però, a differenze delle scritte sulla porta del bagno pubblico, i vostri commenti sono molto più rintracciabili: se insultate X sul web e X si incavola di brutto, X va dai carabinieri e voi vi ritrovate con un processo per diffamazione ed ingiurie. Un processo che pagate voi, se siete maggiorenni, o i vostri genitori, se non lo siete. E alla fine del quale, se venite giudicati colpevoli,vi ritrovate pure con danni da pagare e la fedina penale sporca.

Non importa cosa vi hanno detto i vostri amici, e nemmeno cosa leggete sui giornali dove stuoli di madonne piangenti si lagnano che sul web non ci sono regole e vige l’anonimato. L’anonimato non c’è e le regole ci sono. Quindi, per favore, occhio a come vi muovete, a cosa scrivete, a quanto lasciate in giro. Se scrivo su Facebook che la prof di Italiano è una zoccola perché mi ha dato cinque sul tema, o che è un cesso, la prof di italiano (o di matematica, di tecnica, il Preside, etc.) possono denunciarmi e spennarmi, non solo metaforicamente ma anche economicamente, chiedendomi i danni. Se mi invento su Whatsapp che il prof di tecnica ha una storia con la mia compagna di banco e faccio girare la voce, il prof di tecnica mi può denunciare, ed anche la compagna di banco, e rovinarmi la fedina penale: il che vuol dire che fra qualche anno, quando cercherò lavoro, la cosa potrebbe risultare particolarmente complicata per via di questa scemenza fatta quando ero un quattordicenne.

Quindi imparate a frenarvi, sul web, come vi frenate fuori. Siate educati e rispettosi. Sul web e ovunque. Se non per gentilezza d’animo, almeno per prudenza. Sul Web tutto resta, per sempre. Ricordatevelo. Anche dopo anni e anni che l’avete postato e scritto. E possono sempre chiedervene conto, anche a decenni di distanza, in sede legale civile e penale. E questa non è una balla, no. (di Mariangela Galatea Vaglio, Miur)

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