Quanto vale la nostra vita digitale

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Per poco più di 50 euro saremmo disposti a comunicare alle aziende qual è il nostro stato di salute, per 70 euro cederemmo persino le password…

Poco meno di tre euro per dire alle aziende se siamo un uomo o una donna. Quasi otto per comunicare qual è il nostro stato civile. Cinque euro e cinquanta centesimi per il nostro numero di telefono. Fin qui, nessuna sorpresa. Sono informazioni di poco conto, che cediamo quotidianamente a titolo gratuito compilando form vari a raffica sul web. Guadagnarci qualcosa, anzi, a tanti potrebbe apparire come il classico grasso che cola.

Le sorprese vengono adesso: in media, i consumatori attribuiscono un valore di 33 euro alle proprie informazioni bancarie. Per 55 euro sarebbero disposti a rivelare a un’impresa le loro condizioni di salute. Per 70 euro (69,55 per la precisione) condividerebbero persino le loro password. Totale, calcolatrice alla mano: 230 euro. Tanto varrebbe la nostra vita digitale. Sinceramente, un bel po’ poco. È questa però la conclusione di uno studio condotto dalla società di sicurezza Trend Micro assieme ai ricercatori del Ponemon Institute.

Coinvolgendo quasi duemila consumatori in tutto il mondo, Italia inclusa, è venuto fuori che la cifra media che le aziende dovrebbero sostenere per le nostre informazioni personali è di 17,98 euro a dato. Un investimento mirato a ottenere dati spesso sensibili e in parte irraggiungibili, con il nostro consenso. Non tacito, ma esplicito. Inattaccabile. Per fini leciti, come ricerche di mercato o per proporci prodotti in target con i nostri gusti, s’intende. Comunque, è evidente che non abbiamo chissà quante remore a metterci a nudo.

Continuando a scorrere la lista, si scopre che per 11,19 euro cederemmo foto e video. Per qualcosina in più, circa 12 euro, il nostro indirizzo di residenza. Per 15 euro ci faremmo localizzare, per 18,90 euro daremmo pieno accesso alla nostra cronologia degli acquisti. Insomma, è come se avessimo attaccato un cartellino su ogni informazione e fossimo pronti a passare all’incasso.

Calcolatrice alla mano, la nostra vita digitale vale all’incirca 230 euro

Il sottinteso pare essere evidente: molti utenti pensano che questi dati, in un modo o nell’altro, sono già preda facile delle aziende, quindi tra non avere nulla o la prospettiva di guadagnare un paio di banconote da 100 euro, la scelta non è impossibile. Il fatto però che le password siano valutate così poco, deve far riflettere sullo scarso rilievo che attribuiamo ai cancelli, alle ultime barriere a difesa della nostra privacy digitale. Di certo, le chiavi di casa nostra, non le daremmo mai a nessuno. Figurarsi per 70 euro. Siamo sicuri che la differenza tra i due mondi, quello reale e quello virtuale, sia davvero così marcata come pensiamo? Possiamo ancora permetterci un tale peccato di leggerezza? (fonte)

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