Minorenne ricattata su Facebook per foto in chat di scacchi

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I mostri si nascondevano tra la torre e l’alfiere. L’hanno tenuta in scacco per mesi arroccati dietro l’anonimato della rete. Una 17enne della provincia di Lecco che ha diffuso alcune sue foto erotiche in una chat di un sito di scacchi è stata ricattata da altri utenti del portale di giochi online che l’hanno obbligata a condividere immagini sempre più spinte e video hot che poi hanno divulgato pubblicamente su Facebook, attivando un profilo a suo nome. Gli agenti della Mobile sono riusciti a identificare e individuare i cyber-ricattatori, quattro ragazzi poco più che maggiorenni che abitano in diverse regioni d’Italia e che sono stati tutti denunciati.

I selfie e i filmati amatoriali a luci rossi però ormai sono ovunque, negli hard disk e nelle memorie di chissà quanti computer e smartphone. Per la ragazza tutto è cominciato come uno svago di provocazione e seduzione, trasformatosi poi in un modo per ottenere crediti informatici, superare livelli, vincere partite, scalare le classifiche del web. Quando si è resa conto che non si trattava di un gioco, né di un passatempo malizioso ha provato a defilarsi, ma ormai era tardi. Grazie ai dati che lei stessa ha fornito nonostante l’utilizzo di un nickname i quattro l’hanno facilmente rintracciata, scoprendo il suo numero di cellulare e le sue vere generalità.

«Hanno minacciato di postare gli scatti che già lei aveva condiviso per ottenerne altri, ogni volta più audaci – riferisce il comandante della Mobile Marco Cadeddu -.Quando lei ha iniziato a rifiutarsi e opporsi purtroppo dalle parole sono passati ai fatti, creando una pagina Facebook intestata a lei su cui hanno pubblicato tutto il materiale compromettente».

Ad accorgersi di quanto stava accadendo sono stati i genitori: lei non mangiava più, non studiava più, non usciva più di casa, tutti i suoi amici avevano visto. Si sono presentati dai poliziotti con lei con il suo telefonino, mostrando le foto e i video del ricatto. «Li conosci?», le abbiamo chiesto», racconta il dirigente della questura.

«Sì», ha risposto lei, ma ha fornito solo account e indirizzi mail, perché non li aveva mai incontrati e nemmeno guardati in faccia neppure in chat, mentre loro di lei avevano visto tutto. «Fortunatamente siamo riusciti a risalire a loro perché non sono criminali di professione nonostante quello che hanno commesso – dice Cadeddu -. Verranno processati, la vita e la dignità della loro preda invece sono distrutte. Ha cambiato scuola, vorrebbe cambiare paese, segue un percorso di sostegno psicologico ma le cicatrici sono lente a guarire». (fonte)

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