L’insicurezza del bitcoin, mille utenti controllano il mercato

Secondo le stime della rivista specializzata Cointelegraph, l’anonimo inventore dei Bitcoin (noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto) possiederebbe un milione delle più note tra le criptovalute. Considerando i tassi attuali, significa che colui che nel 2009 ha dato via alla rivoluzione delle monete digitali detiene un miliardo e 300 milioni di euro in bitcoin. Una cifra che certifica come Nakamoto sia, con tutta probabilità, la più grande tra le cosiddette “balene”: le mille persone che, secondo quanto riportato dalla società di analisi AQR Capital Management, posseggono il 40% di tutti i bitcoin a oggi esistenti.

Una tale concentrazione di ricchezza nasconde non pochi rischi per i piccoli investitori: una mossa delle “balene” sul mercato può far salire o precipitare il prezzo della criptovaluta nel giro di pochi minuti. Quel che è peggio, è che questi grandi investitori potrebbero organizzarsi tra loro senza troppe difficoltà: «Volendo, possono coordinare le loro mosse o anticiparle a un ristretto gruppo di persone», si legge su Bloomberg. «La maggior parte dei principali proprietari di bitcoin si conosce ed è legato l’un l’altro fin dai tempi in cui le criptomonete venivano ancora derise».

Mettersi d’accordo per fare acquisti improvvisi, gonfiando il prezzo per poi rivendere di colpo, non solo è estremamente semplice e remunerativo, ma non sarebbe nemmeno illegale, dal momento che la legislazione sulle criptovalute è ancora confusa e cambia da moneta a moneta (a seconda del modo in cui è progettata e del suo utilizzo). In alcuni casi, sono le piattaforme di compravendita a sostituirsi alla legge: Bittrex, per esempio, ha avvisato i clienti che i loro account potrebbero essere sospesi se venissero colti nell’organizzare attività di questo genere.

A rendere tutto ancora più complesso è la natura stessa dei bitcoin: una moneta che non ha valore intrinseco e che si è ormai trasformata in un bene quasi esclusivamente speculativo, caratterizzato da fortissime oscillazioni del prezzo. Tutto ciò non significa che le altre criptovalute siano più sicure: secondo il responsabile della ricerca di Blockchain Capital, Spencer Bogart, i bitcoin sono comunque la moneta digitale più distribuita: i primi 100 utenti posseggono infatti il 17,3% del totale; contro il 40% degli ether (la moneta alla base di Ethereum) e una quota che sale fino al 90% nel caso di altre realtà minori.

L’eccessiva concentrazione nelle mani di poche persone non è l’unico rischio che si cela dietro i bitcoin e le altre monete digitali. Prima di tutto, sono molti gli analisti che ritengono questo mercato una bolla che potrebbe scoppiare da un momento all’altro; mentre con il passare del tempo si fanno largo i timori che riguardano l’eccessiva concentrazione dei “minatori” (gli utenti che risolvono equazioni per via informatica creando nuovi bitcoin). A oggi, i primi quattro gruppi professionali dediti al mining detengono oltre il 50% della capacità di calcolo della blockchain (il software alla base delle criptomonete), il che consentirebbe loro, in teoria, di prenderne il controllo e manometterne il registro.

Infine, non si può ignorare il problema che i bitcoin hanno in termini di sostenibilità: si calcola infatti che il consumo energetico necessario alla produzione di questa moneta sia attualmente pari a quello del Marocco e che nel giro di un paio d’anni potrebbe superare quello degli Stati Uniti. Le criptomonete saranno anche un grande amico degli speculatori, ma potrebbero presto rivelarsi un pericoloso nemico dell’ambiente. (fonte)

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