L’incubo degli appuntamenti online si chiama ‘kittenfishing’

Le nuove tecnologie ci hanno abituati ai neologismi. Basti pensare al phubbing: parola coniata nel 2013 per indicare il comportamento scortese di chi controlla compulsivamente lo smartphone anziché prestare attenzione alle persone vicine. O, ancora, a post verità: scelto dall’Oxford Dictionary come lessema del 2016 per descrivere una situazione in cui “i fatti obiettivi hanno meno influenza sull’opinione pubblica rispetto agli appelli emotivi e alle convinzioni personali”. Ora un nuovo termine si prepara a diventare parte del nostro linguaggio parlato e arriva dal mondo degli appuntamenti online. Si chiama Kittenfishing (da “kitten” che significa “gattino” e “fishing” che metaforicamente sta per “caccia”) ed è una versione più leggera del catfishing: sgradevole trucco di chi fabbrica in rete identità fittizie per indurre la persona adescata a una relazione romantica.

A coniarlo è stata l’app di dating più seria in circolazione, quella dedicata a chi cerca una storia d’amore possibilmente duratura. Il suo nome è Hinge e al fenomeno ha persino dedicato un report, probabilmente anche per farsi un po’ di pubblicità. Nonostante l’esperienza sia circondata da un alone di novità, si tratta probabilmente di qualcosa che avete già vissuto sulla vostra pelle, come specifica il quotidiano britannico The Independent. Stando alla definizione scritta su Urban Dictionary – dizionario online sempre attento a neologismi e slang in lingua inglese che ha inglobato questa parola lo scorso tre luglio – in pratica consiste nel mostrarsi sui siti di incontri in maniera diversa da ciò che in realtà si è. Ovviamente migliore. Qualche esempio? Utilizzare una foto di tanti anni fa o eccessivamente ritoccata, esagerare le proprie competenze, mentire sulle passioni.

Certo, è un’attitudine che accomuna quasi tutti. E del resto viene anche studiata. Lo dimostra La psicologia di Internet, ultimo libro di Patricia Wallace, docente del Maryland University College che si occupa di psicologia delle relazioni e dell’apprendimento. “La maggior parte delle persone si costruisce e mantiene online una persona che è una versione in qualche modo potenziata di se stessa – scrive -, che valorizza le caratteristiche positive e smorza quelle negative, a volte creando veri e propri personaggi nuovi rispetto al reale, anche solo per provare qualcosa di diverso”. Niente di male, quindi. Ma se la stessa strategia viene adottata nei siti d’appuntamenti può rappresentare un problema per la persona che si trova dall’altra parte dello schermo, quando dall’online si passa offline.

Hinge racconta, per esempio, la storia di Katie (nome fittizio), 28 enne di New York uscita con un ragazzo che credeva più alto e più affascinante, attenendosi ai modi in cui si era descritto. Un totale fiasco. Serve? Secondo Nikki Leigh, intervistata dal sito Bustle, affatto: “Queste persone – spiega – non si rendono conto che non stanno facendo a loro stesse alcun favore. Al contrario, stanno danneggiando le loro possibilità se sperano di conquistare un appuntamento o l’amore nonché ferendo altre persone”. (fonte)

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