Grazie a queste app, genitori spiano figli. Ma è giusto?

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Di nascosto o con il consenso dei ragazzi, si possono installare app sui dispositivi mobili per monitorare chiamate, sms, posizione geografica, attività sui social network e messaggi cancellati su applicazioni come Kik, Whatsapp o Snapchat. E’ corretto farlo?

Sono sempre più diffuse, negli Stati Uniti, le app che permettono ai genitori di mettere sotto sorveglianza i loro figli quando usano i dispositivi mobili. Il fatto è che telefonini e tablet sono molto popolari anche tra i minori che possono accedere a Internet, giochi, social network e fotocamere. Negli Usa, l’80% dei teenager ha a disposizione un cellulare, metà dei quali sono smartphone. In Italia, del resto, aumentano, secondo i dati Istat, le famiglie con un telefonino in grado di connettersi online che i minorenni tendono ad utilizzare. E questo preoccupa i genitori che sempre più spesso cercano di controllare cosa fanno i loro figli.

Quando è in ballo la sicurezza dei ragazzi, si sa che gli adulti sono disposti a tutto. Anche a trasformarsi in spioni che s’intrufolano nella vita dei piccoli per evitare loro di incorrere in pericoli, come il cyberbullismo, o fare qualcosa di sbagliato.

Ecco allora le app che rendono possibile il monitoraggio di tablet e smartphone. Si possono installare sui dispositivi, di nascosto o con il consenso dei ragazzi, per avere a disposizione le informazioni necessarie a tenerli sotto controllo. TeenSafe, per esempio, scaricata da centinaia di migliaia di papà e mamme, consente di monitorare chiamate, sms, posizione geografica, attività sui social network e messaggi cancellati su applicazioni come Kik, Whatsapp o Snapchat.

Similmente, Mobile Guardian, Net Nanny e Qustodio possono far avere ai genitori tutte le informazioni su come i ragazzi utilizzano lo smartphone, quali siti online e social media visitano – comprensivo a volte di avvisi in caso di azione sospette – cosa cercano con i browser e quali programmi aprono. Hanno un sistema di protezione che permette filtraggio e restrizione di contenuti web inappropriati, blocco e limitazione su uso e download di applicazioni, gestione contatti e tempo di impiego. Anche TimeLock permette di stabilire un limite temporale all’uso di iPhone e iPad, disabilitando il dispositivo ad orario scaduto.

“Negli Stati Uniti, installare queste app su un dispositivo mobile è diventata ormai una normale pratica ed è permesso dalla legge”, sottolinea Rawdon Messenger, amministratore delegato di TeenSafe, secondo cui le esigenze di protezione, in questo caso, prevalgono su quelle della privacy.

Per Giuseppe Riva, docente di Psicologia e nuove tecnologie della comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano, anche in Italia il tema va affrontato perché almeno 1 bambino su 3 sopra i tre anni adopera con regolarità il tablet o lo smartphone di un adulto.

Bisogna, però, “distinguere i problemi che un genitore ha con i minori in età pre-scolare e con quelli già scolarizzati in grado di leggere e scrivere”. Per i primi, sottolinea Giuseppe Riva, si tratta di esercitare “un controllo sul tempo di esposizione alla tecnologia mobile”. Per questo possono servire app come TimeLock per programmare un limite temporale all’uso di un tablet o di un cellulare. Quando però i bambini crescono le cose cambiano. A questo punto, “i genitori hanno due possibilità: o vietare al figlio di accedere a Internet e consentire solo l’uso di videogiochi e applicazioni offline; oppure avere fiducia dei propri ragazzi e assumere un’ottica pedagogico-educativa, spiegando i pericoli e le minacce della navigazione in rete”. I genitori italiani, aggiunge, tendono “a proibire l’accesso online o a sottovalutare i rischi legati all’impiego ingenuo dei media da parte dei figli”.

A questo riguardo, come propone Giuseppe Riva, potrebbe essere utile una sorta di patentino rilasciato nelle scuole che abiliti i ragazzi all’uso di Internet e dei social media per preservarli da brutte esperienze. Ma forse bastano due cose: un po’ di buonsenso e la guida dei genitori. (fonte)

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