Gli ‘store’ della Mela di chiameranno solo ”Apple”

APPLE-STORE

Ci sono voluti due anni, ma i piani di Angela Ahrendts per il futuro degli Apple Store stanno finalmente prendendo forma. Arrivata alla Apple nel 2014 per ricoprire il ruolo di Senior Vice President Retail, rimasto scoperto per più di un anno, la ex-AD di Burberry si è portata appresso l’esperienza maturata con la gestione di un marchio importante dell’alta moda, e ora la mette all’opera.

ADDIO “STORE”

Il cambiamento più evidente è nel nome dei negozi. Stop con quello “Store” vagamente tautologico, che poteva essere utile nel 2001 per meglio definire i primi punti vendita. Ora basta soltanto “Apple” e il nome del luogo (o del centro commerciale). Apple Store Via Roma, a Torino, diventa Apple Via Roma. A Berlino c’è Apple Kurfürstendamm. A Parigi Apple Opéra. Proprio come per Hermès o Gucci, che mai si sognerebbero di aprire un Gucci Store o un Hermes Store con la “S” maiuscola.

NUOVO PARADIGMA

A debuttare la novità è stato, a maggio, il nuovo negozio Apple di San Francisco, primo punto vendita realizzato secondo nuovi paradigmi che ridefiniscono l’esperienza d’acquisto. Un linguaggio progettuale, voluto dalla Ahrendts, che passa per vetrate più ampie a scomparsa per fondere lo spazio del negozio con la strada, schermi ad altissima risoluzione, alberi piantati all’interno dei negozi e nuove aree espositive per cuffie e accessori che non stonerebbero in una boutique degli Champs-Élysées (si chiamano Avenue, infatti). Nello spazio di Union Square c’è la mano del capo del design Jony Ive , aiutato dallo studio di Sir Norman Foster, che ha progettato la nuova sede di Apple a Cupertino.

NOVITÀ PER I DIPENDENTI

Mentre i piani di rebranding dei punti vendita entrano nel vivo, parte anche la seconda fase dell’opera di rinnovamento firmata Ahrendts, con novità importanti per i dipendenti che Apple ha comunicato a tutti durante lo scorso fine settimana.

Arrivano tre nuove posizioni: i “Pro”, ruolo di vendita un gradino sopra gli “specialist”, che sanno tutto dei prodotti e servizi Apple; i Creative Pro, che applicano le stesse conoscenze avanzate ai corsi sui prodotti e servizi; i “Technical Expert”, nuova posizione di supporto che farà da cuscinetto per i Genius ed eviterà loro di doversi occupare dei casi di assistenza più banali, come l’installazione corretta di un software o riparazioni di base per iPhone e iPad. Lo scopo è quello di allargare le competenze e soprattutto risolvere il nodo delle code infinite alla Genius Bar, uno degli aspetti meno graditi ai clienti che arrivano in negozio per ricevere assistenza su un prodotto Apple.

IL CREDO

Cambia, dopo molti anni, anche il “credo” aziendale. Un testo motivazionale che l’azienda consegna ai nuovi assunti nel settore delle vendite dirette, invitandoli ad usarlo come riferimento da seguire al fine di maturare l’attitudine giusta del dipendente Apple modello. Un componimento in sei paragrafi, dal titolo “Enriching lives”, che sostituisce una precedente versione, più lunga e assertiva.

“Diamo più di quanto prendiamo. Dal pianeta, alla persona accanto a noi,” si legge all’inizio della sezione “At our best”, cioè “al nostro meglio”. “Diventiamo un posto cui appartenere dove ognuno è benvenuto. Chiunque. Traiamo forza dalle nostre diversità.  Dal background e dalle prospettive fino alla collaborazione e al dibattito. Siamo aperti”.

Se il testo rimane alieno e forse lievemente disturbante per chi, come noi europei, non è abituato all’aziendalismo assoluto tipico di una certa etica del lavoro statunitense, è comunque un passo avanti rispetto al pamphlet precedente. La serie di ordini impostati al plurale del vecchio “credo”, goffo tentativo di inclusione e appiattimento delle gerarchie che spesso non trovava un corrispettivo nella realtà degli Store, è diventata una più generica dichiarazione d’intenti positivi, inclusivi e impostati alla tolleranza e all’apertura verso le diversità. In linea con i valori generali dell’azienda che, sotto la guida di Tim Cook, non ha più remore nel promuovere pubblicamente le proprie posizioni progressiste e non teme le sovrapposizioni con lo scontro politico che solitamente le grandi aziende rifuggono con attenzione calcolata. (fonte)

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