Fake friend, amici in affitto per farsi selfie da star del web

La tua vita sociale è magra. I tuoi selfie sono un po’ tristi. In particolare, sono vuoti: non si trasformano mai in groufie, cioè in autoscatti di gruppo. Non c’è una tavolata, una gita con gli amici, un allenamento in squadra. Nel frattempo, sulla tua bacheca si susseguono tonnellate di scatti dei tuoi amici da ogni parte del mondo, spesso in compagnia. L’effetto dei social network può essere devastante: una recente ricerca pubblicata sull’American journal of preventive medicine ha scoperto che più tempo si trascorre sulle piattaforme come Facebook e compagnia più il rischio di sentirsi isolati s’impenna. Ma basta poco a complicare la situazione: chi passa circa due ore sui social vede triplicarsi il rischio di sviluppare una sensazione di emarginazione dal mondo. In Giappone hanno trovato la soluzione: si chiama Real Appeal ed è un servizio che serve ad affittare fake friend. Cioè amici fasulli da noleggiare quando se ne ha bisogno al solo scopo di scattare selfie e foto destinati ai social network.

A lanciarla è stata la società Family Romance. E, proprio come in un qualsiasi negozio digitale, gli ‘amici’ a noleggio possono essere scelti da un catalogo fotografico. I clienti possono inoltre specificare certe caratteristiche: dal sesso all’età così come lo stile. Un servizio destinato non solo ai solitari cronici che desiderino un rilancio social ma anche a chi voglia impreziosire una festa, un fine settimana o intenda far ingelosire precedenti partner. D’altronde il prezzo è onesto: 4mila yen, circa 32 euro l’ora con un minimo però di due ore di affitto. E il fake friend è tutto per te. Gli affari vanno benone: arrivano oltre cento richieste al mese, hanno spiegato da Family Romance. Gli utenti cercano di tutto: da membri fasulli della famiglia a semplici figuranti che riempiano le sedie nei matrimoni fino a falsi partecipanti a barbosi seminari. Ma il pezzo forte sono ovviamente quelli che cercano compagnia per farsi foto utili a rilanciare la propria immagine sociale sui social network. Un fenomeno certo raggelante ma che racconta molto del mondo in cui viviamo.

Un fenomeno solo giapponese? Una tendenza, cioè, legata a una società che pone la vita sociale in secondo piano a vantaggio di un impegno lavorativo in grado di risucchiare ogni energia e ogni spazio. Non esattamente. Di siti simili ne esistono almeno un paio. Certo, il territorio si allarga e si fa più scivoloso. Per esempio cliccando su Rentafriend e inserendo la propria localizzazione si possono individuare persone che si propongono come amici a tempo per accompagnarti nelle attività più diverse: da chi si propone come “amico di penna digitale” a chi vuole portarci alle feste fino a chi, proprio come nel caso nipponico, si offre per le fotografie o persino per “family function”. Se ti serve uno zio, insomma, sai dove affittarlo. Anche in Italia: il sito è attivo in tutto il mondo con centinaia di migliaia di proposte.

Bisogna ovviamente procedere con i piedi di piombo: sono siti evidentemente costellati da numerosi rischi. E anche se sembrano gratuiti, ovviamente non è detto che chi si offre non richieda una tariffa. Tuttavia, in parte a causa della dipendenza da social che ci obbliga a presentarci sempre con vite ricche e popolate di amici, in parte per via dei trend (stavolta positivi) della sharing economy e del turismo locale, l’idea di affidarci a una persona del posto per scoprire i segreti di una città si è diffusa in modo molto forte. Quest’ultimo trend ha lanciato una serie di altri servizi che, a ben vedere, propongono “amici in affitto”: c’è per esempio Rent a local friend, orientato più alla scoperta dei segreti turistici – anche in questo caso, come in quello precedente, da una ricerca su Roma escono diversi candidati disponibili – così come Local Freddie, una piattaforma attiva su alcune città europee che punta propri a regalarci dei ciceroni locali.

“Forse non arriveremo ad affittare gli amici come in Giappone – spiega Alberto Rossetti, psicologo e psicoterapeuta torinese esperto di nuove tecnologie e dipendenze da social network – ma in fondo il meccanismo alla base è lo stesso. Cioè lo storytelling, la narrazione che facciamo di noi stessi e che definisce l’idea degli altri. Paradossalmente, per i più giovani è difficile modificarla, perché vivono cerchie il più delle volte reali, nonostante il gran parlare dell’isolamento: la scuola, la palestra, il paese. Fra gli adulti questa ricerca della compagnia a tutti i costi diventa più evidente: un effetto lampante è a costante condivisione, direi quasi documentazione, che facciamo delle nostre vite quotidiane. Anche una banale cena diventa una photo opportunity da non perdere per arricchire la propria immagine”. (fonte)

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