Facebook “si preoccupa più di raccogliere dati che di proteggere gli utenti”

Nuova bordata contro Facebook da parte di un ex dipendente. Anche stavolta, non proprio uno qualunque. Si tratta di Sandy Parakilas che, in un’opinione pubblicata sul New York Times, ha spiegato che il colosso di Menlo Park “dà priorità alla raccolta dei dati degli utenti piuttosto che alla loro protezione dagli abusi”. Parakilas è stato un “operation manager” delle pratiche messe in atto dalla piattaforma per garantire la privacy a quel continente che ne popola le bacheche: uno che ha dunque un punto d’osservazione privilegiato, per quanto ormai interrotto da diversi anni.

“Ho coordinato le iniziative di Facebook per risolvere i problemi della riservatezza sulla piattaforma per gli sviluppatori prima della quotazione in Borsa del 2012 – ha spiegato il manager, ora in forze a Uber – ciò che ho avuto modo di vedere dall’interno è stata una compagnia che dava maggiore rilevanza alla raccolta dei dati dagli utenti sulla protezione dagli abusi”. Messaggio chiaro e forte, insomma.

Il punto, racconta ancora l’ex manager dipendente del gruppo solo fra 2011 e 2012, è che quel genere di atteggiamento rende estremamente attraente la piattaforma di Mark Zuckerberg agli occhi degli inserzionisti. Non solo: ha aggiunto anche altri dettagli sulle politiche interne, almeno quelle in vigore all’epoca, come l’ossessione con la copertura da parte della stampa che porta Menlo Park a muoversi si in difesa degli utenti solo “quanto arriva un coinvolgimento negativo da parte della stampa o delle autorità di regolamentazione”. Insomma, non deve circolare alcunché di brutto sul conto di Facebook.

La rivelazione arriva dopo quella, ancora più pesante, del primo presidente di Facebook e fondatore di Napster, Sean Parker, che invece ha toccato il tema degli atteggiamenti e degli approcci su cui la piattaforma spinge, chiudendo il suo intervento a una tavola rotonda negli Stati Uniti con un allarme: “Dio solo sa cosa quella piattaforma stia facendo al cervello dei nostri figli”. Un autunno caldo, insomma, per il social blu a cui, secondo l’ex capo della privacy, “non dovrebbe essere concesso di regolarsi da solo, semplicemente perché non lo farebbe”. (fonte)

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