Facebook non tagga i nostri volti per merito suo

FB-TAGGA

CI SONO le social star, quelle che esibiscono il numero di follower come stelle sul petto. E poi c’è l’anti-social star, il giovane che da Vienna dà battaglia a Facebook, perché – dice – il gigante della Silicon Valley sta insistentemente violando le leggi europee sulla privacy. Lui si chiama Max Schrems, ha 26 anni e al posto dei follower ha radunato decine di migliaia di sostenitori nella più grande class action made in Europe contro Facebook. “Ho dovuto fermarmi a 25mila ricorrenti – ci racconta – perché solo soletto col mio personal computer non potevo gestirne di più. Ma in pochi giorni le richieste erano almeno il triplo”.

La trasformazione da studente sconosciuto a avversario di Zuckerberg comincia proprio nella tana del nemico, in California, tre anni fa: Max si trova lì per uno scambio universitario e ascolta un dirigente di Facebook mentre spiega le politiche aziendali sulla privacy. “Mi sono reso conto che anche se in Europa abbiamo leggi che formalmente ci tutelano, i big della Silicon Valley continuano a non rispettarle”. Ed è così che il ragazzo inoffensivo esce dai cancelli di Facebook indignato e determinato. In mano ha le 1200 pagine di dati personali che Facebook ha tracciato sulla sua vita social. Individua la sede europea in Irlanda, e proprio all’authority irlandese per la protezione dei dati personali presenta oltre 20 reclami. Cosa ottiene? Concretamente, è grazie a lui se – per esempio – in Europa Facebook ha dovuto rinunciare a taggare in automatico le nostre foto sulla base del riconoscimento facciale. Ma Max ci risponde con schiettezza che molto di più andava fatto: “Dall’Irlanda non c’è stato un intervento efficace. Anche se in Europa abbiamo buone leggi, in pratica se non le facciamo valere rimangono deboli. I Paesi dove i colossi hanno la sede legale, come l’Irlanda appunto, o il Lussemburgo, sembrano più interessati ad attrarre da noi le aziende che ad ammonirle. Il rischio è che barattino i nostri diritti per dei presunti vantaggi economici. Ecco perché, anche se un individuo non può battere un  monopolio, spetta a noi fare pressione perché la legge – che è dalla nostra parte – venga rispettata”.

EUROPA VS FACEBOOK

Arriviamo così al 2014. Max non demorde, anzi: niente più reclami, stavolta Schrems punta dritto al tribunale del suo Paese, l’Austria. Sul banco degli imputati vuole il colosso da oltre un miliardo di iscritti, ma ad accusarlo non c’è uno studente da solo: ci sono ora i 25mila che l’intraprendente austriaco riesce a radunare. In realtà ne raduna molti di più, sul sito fbclaim.com, ma si ferma a quei primi. E torna all’attacco più forte di prima: Facebook viola le leggi sulla privacy, partecipa al programma di spionaggio Prism, ha un sistema di raccolta dati pervasivo, insiste Schrems.  Biondino, occhi azzurri, sorriso smagliante, sembra il ritratto perfetto del principe azzurro, se non fosse che nella fiaba tutta vera in gioco ci sono i diritti di tutti. E che l’antagonista non è un drago, ma semmai quel draghetto blu che compare ora nelle bacheche alla voce “impostazioni privacy”.

Cosa ne pensa Schrems delle nuove policies fresche di bacheca? “Guarda, la schermata sarà anche più semplice e colorata, ma legalmente la sostanza è la stessa: raccogliere i nostri dati da ogni fonte possibile, e usarli“. E spiega: “Molti non lo immaginano ma Facebook non usa solo i dati che crediamo di dargli con i post. Traccia anche tanto altro: metadati, pagine terze, plugin come il bottone like. Archivia informazioni che coinvolgono ogni sfera della nostra vita, fino alle preferenze politiche”. Indignato sì, ma anche ottimista, Max Schrems ha fiducia nell’Europa: “il Parlamento europeo soprattutto, ma anche la Commissione, non sono indifferenti al tema dei dati personali. E dal diritto all’oblio alla più recente risoluzione su Google, ci sono motivi di speranza”. Dice il ragazzo imberbe che mette l’Europa contro Facebook. (fonte)

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