Facebook, se felice hai più like e se triste hai più commenti

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Facebook amplifica felicità e tristezza e le rende virali: l’ha dimostrato un gruppo di scienziati della Cornell University e della University of California di San Francisco.

Ma c’è di più: è soprattutto la tristezza a ricevere commenti di solidarietà.

I sentimenti negativi, fino ad ora considerati ignorati dal pubblico dei network sociali, suscitano il maggior numero di reazioni. A rivelarlo è uno studio condotto da due ricercatori della stessa rete creata da Mark Zuckerberg: Moira Burke e Mike Develin. La vita, e quindi anche la sua estensione social, scrivono nel report, va oltre le foto di gattini. Così è stato fondamentale per il duo porsi una domanda: “In che contesto le persone condividono le loro emozioni online e come reagiscono gli amici?”

Per trovare una risposta, la ricerca è stata divisa in due parti. In una gli studiosi hanno analizzato 31 milioni di status appartenenti a fruitori statunitensi con l’obiettivo di scoprire chi tende a condividere maggiormente le proprie sensazioni, siano esse positive o negative. Il risultato: esclusi i profili con migliaia di contatti, riservati quando si tratta di parlare di gioie e sofferenze quotidiane, a esporsi di più sono coloro che hanno una cerchia di amici ristretta e densa. E gli adolescenti tendono a essere i più negativi.

Nell’altra parte, Burke e Develin si sono invece concentrati sui post caratterizzati da uno di quei simboli introdotti da Zuckerberg per aiutarci a descrivere ciò che facciamo o proviamo nella vita reale. Qualche esempio: “Mi sento emozionato”, “fortunato”, “amato” e via discorrendo. Fino a scoprire che mentre gli status contrassegnati da dei segni ottimisti ricevono più like, e il linguaggio delle risposte che li accompagna si distingue per la particolare positività, quelli dove compaiono “mi sento triste”, “arrabbiato”, “solo”, o “sconfitto” (oltre un terzo del totale) fanno il pieno di commenti.

Per la precisione, gli utenti che sono avvezzi a post di questo genere ricevono il doppio delle risposte di un utente medio e i messaggi di sostegno, che vengono inviati anche utilizzando la chat privata, tendono a essere più lunghi del consueto.

Una solidarietà che distinguerebbe in via definitiva Facebook da Twitter, dove un’altra ricerca ha dimostrato che le espressioni di “tristezza profonda e duratura” hanno meno probabilità di ottenere delle reazioni. (fonte)

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