Facebook e la brutta abitudine di leggere i nostri messaggi

CLASS-ACTION-MESSAGGI

Vi ricordate la class action che Facebook sta affrontando a causa dell’analisi e della scansione dei messaggi privati degli utenti effettuata senza aver prima ottenuto il loro consenso? Ebbene, sta andando avanti anche in questi giorni di festa. A quanto pare il giudice Phyllis Hamilton martedì alla corte di Oakland in California ha stabilito che Facebook deve affrontare questa azione legale collettiva per violazione della privacy dei loro utenti attraverso la scansione dei messaggi privati, analisi non autorizzata dagli utenti e che serviva per fornire dati per la pubblicità mirata.

La difesa di Facebook è semplice: i legali del social network di Mark Zuckerberg sostengono che le loro azioni fossero del tutto lecite e autorizzate da un’eccezione presente nell’Electronic Communications Privacy Act che regolamenta le intercettazioni effettuate dai fornitori di servizi durante il normale svolgimento delle attività dei medesimi.

La Corte tuttavia non ci sta e dal canto suo sostiene che Facebook non avesse spiegato in alcun modo come questa pratica rientrasse nel normale svolgimento delle attività. Quindi, se ho inteso bene (visto che il legalese non è la mia lingua madre), Facebook si rifà ad un articolo di questo Electronic Communications Privacy Act che sostiene che alcune pratiche di intercettazioni siano consentite da chi fornisce un servizio come quello di Facebook per permettere il normale svolgimento delle attività, mentre la Corte accetta questa eccezione, ma ribadisce che Facebook avrebbe dovuto spiegare chiaramente agli utenti che tale pratica faceva parte delle normali attività.

A dire il vero la class action in questione è stata presentata due anni fa e potrebbe coinvolgere qualsiasi utente di Facebook che abbia ricevuto o mandato link attraverso il suo sistema di messaggistica privata di allora. La richiesta di risarcimento arriva fino a 10.000 dollari per ciascun utente, un vero e proprio salasso per il social network blu se non riuscisse a vincere la class action. Visto e considerato che Facebook ottiene la maggior parte dei suoi introiti dalla pubblicità, è assai probabile che continuerà a lottare contro questa denuncia con le unghie e con i denti non solo nell’ottica di non pagare i risarcimenti, ma anche per poter continuare a sbirciare i messaggi e offrirci delle pubblicità sempre più mirate. Adesso non ci resta che attendere la risposta di Facebook alla decisione del giudice di Oakland. (fonte)

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