E’ sicuro condividere Wi-Fi di casa con sconosciuti?

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Entro la fine dell’anno prossimo un’abitazione su tre condividerà la connessione Internet di casa con perfetti sconosciuti in Wi-Fi.

Lo prevede uno studio di Juniper Research sul fenomeno dei router residenziali sfruttati per le connessioni pubbliche. La pratica si sta diffondendo ormai da mesi tra i maggiori operatori Internet del panorama globale: questi, per potenziare la propria infrastruttura Wi-Fi pubblica (e rendere più allettante il passaggio ai propri servizi per i futuri clienti) utilizzano una particolare categoria di punti di accesso a costo zero sparsi per tutto il territorio, ovvero i router già installati nelle case dei propri abbonati.

Secondo questo principio gli apparecchi installati in uffici e abitazioni si trasformano in hotspot urbani e condividono la connessione a Internet con i passanti che hanno un contratto con il loro stesso provider. Il meccanismo, garantiscono le società, è sicuro: crea sullo stesso router due reti completamente separate che non interferiscono tra loro e privilegiano la connessione residenziale. Nonostante le rassicurazioni, però, in un’epoca di attenzione crescente ai temi della privacy e della protezione dei dati il fenomeno può destare preoccupazioni, soprattutto se si considera, sempre secondo la ricerca di Juniper, che entro la fine del 2020 soluzioni del genere saranno adottate in 366 milioni di case in tutto il mondo.

In Italia pioniera di questo approccio è stata Vodafone, che in questo modo può già vantarsi di avere a disposizione dei suoi clienti 14 milioni di punti di accesso a livello globale. La società a dire il vero propone di entrare a far parte di questa Rete condivisa su base volontaria e tramite un’iscrizione; Fastweb per la sua WOW FI prevede invece un’attivazione automatica, ma la possibilità di rinunciare a far parte della comunità resta a portata di clic.

All’estero, come emerge dallo studio di Juniper Research, l’approccio degli operatori si sta facendo sempre più aggressivo: negli Stati Uniti in molti casi gli utenti vengono coinvolti nella condivisione senza esserne stati messi chiaramente al corrente e senza quindi avere la possibilità di sottrarvisi. Per i provider del resto si tratta di uno stratagemma di potenziamento delle infrastrutture troppo conveniente per rinunciarvi, costi quel che costi. (fonte)

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