Comunicare tramite email, ecco come farsi capire al meglio

Ogni giorno, nel mondo, vengono inviate 269 miliardi di email (dato aggiornato a febbraio 2017). Molte sono spam, è vero, ma non servono numeri assoluti per sapere che l’invasione delle email è una costante, soprattutto per chi fa un lavoro d’ufficio.

Ma la posta elettronica è più di uno strumento di lavoro, non è una semplice comunicazione. È una forma di comunicazione che diventa relazione, con cui il rapporto con gli altri – siano amici, colleghi, conoscenti o sconosciuti – prende una forma rispetto a un’altra.

5 cose (più una) da non perdere di vista quando si scrive una email, tratte dal libro di Luisa Carrada  dal titolo Scrivere un’email – Con voce sicura, limpida, la tua (Zanichelli, 2017, 121 pp. 13 euro). Per essere compresi, per non passare inosservanti, per non dare un’impressione sbagliata.

1.  USARE IL NOME DI CHI RICEVE L’EMAIL

“Come nella più classica delle lettere – spiega Carrada – quando conosciamo il destinatario, dobbiamo nominarlo perché si riconosca. Un’email che non si rivolge al destinatario trasmette un senso di trascuratezza e impersonalità. È anche più facile che sia letta con poca attenzione”. Ovviamente non vuol dire dare a tutti del tu o prendersi confidenze che non si hanno. Si può rivolgersi al “dottor Rossi”, ma meglio evitare il generico “Gentile dottore”.

2. NON PERDERE TEMPO IN LUNGHE INTRODUZIONI

Questo consiglio è figlio delle nuove tecnologie e della vita frenetica di molti di noi. L’attenzione è scarsa, non sprechiamola: “Una cosa è certa: sullo smartphone molti leggono con attenzione solo le prime righe, il resto di corsa o per nulla. Contrariamente alle nostre abitudini scolastiche, nell’email non possiamo quindi permetterci lunghe introduzioni, tanto più che molti programmi di posta visualizzano le prime righe del messaggio in anteprima, senza neanche il bisogno di aprirlo”.

3. FATE DOMANDE CHIUSE

Tutto è collegato alla necessità di limitare le dispersioni. Se abbiamo bisogno di una risposta perché altrimenti rimaniamo bloccati, sempre meglio suggerire anche le risposte possibili. “Limitiamo le domande aperte come ‘Che cosa ne pensi?’, ‘Che cosa faresti tu?’ o al massimo accompagnamole con una proposta concreta. Molto più efficace porre domande chiuse,  cioè quelle cui è possibile rispondere “Sì”, “No”, “Sono d’accordo”, “Non si può fare”.

4. LA RIVINCITA DEL POST SCRIPTUM

“In piena era digitale – spiega ancora Carrada –  il post scriptum impazza e a volte raddoppia, ma ha cambiato funzione. Non serve ad aggiungere un dettaglio dimenticato, ma a evidenziare un elemento molto importante, che nel corpo dell’email potrebbe perdersi e invece è fondamentale che sia letto. Una specie di evidenziatore, più potente anche del grassetto”.

5. ATTENTI AI DESTINATARI IN COPIA NASCOSTA

C’è qualcosa di etico nell’utilizzo del famigerato CCN, ovvero destinatari in copia che gli altri non possono vedere. Scrive l’autrice: “È una funzione piena di insidie, come mettere una cimice in una stanza, per consentire a qualcuno di origliare una conversazione. Una cosa molto antipatica, insomma. Da usare solo per proteggere la privacy dei singoli destinatari quando scriviamo lo stesso messaggio a una lista di persone, per esempio ai partecipanti a un viaggio o a una festa. Vanno messi tutti in Ccn, indicando come destinatario noi stessi”. Anche perché “se vogliamo informare una terza persona del messaggio inviato, glielo possiamo sempre inoltrare”.

6. A VOLTE MEGLIO EVITARE L’E-MAIL

Carrada, come chiosa della sua guida, fa anche una casistica dei casi in cui è meglio evitare la email. Perché non tutto può essere affidato alla parola scritta. “Meglio parlarsi a voce per scusarsi o per fare un appunto, per annunciare una serie di questioni complesse, per affrontare una questione personale o riservata, per dare giudizi su altre persone”. O ancora: “Per scusarsi di non aver ancora risposto a un’email, per ottenere risposte immediate, per dare cattive notizie, per chiarirsi quando lo scambio per email ha preso una brutta piega”, nonostante le nostre attenzioni. (fonte)

You may also like...