La bambina virtuale che manda i pedofili in galera

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Se è vero che per catturare il pesce giusto ci vuole l’esca giusta, allora come fare per stanare gli oltre 750.000 pedofili che, stando alle Nazioni Unite, ogni giorno si nascondono dietro un nome falso e uno schermo di computer? È l’interrogativo che ha spinto Lemz e Terre des Hommes a unire le forze per sviluppare una soluzione senza precedenti.

Agli occhi di un “cliente” tipo (età compresa tra i 18 e i 50 anni, agiato, cittadino di un paese benestante), Sweetie appare come una bambina filippina di 10 anni, ha i capelli raccolti, un sorriso timido e sembra a suo agio di fronte a una webcam. Quello che quel “cliente” non sa, è che Sweetie non è una persona reale, bensì un modello 3D, un pezzo di software insomma, programmato per attirare potenziali pedofili e trattenerli in una conversazione abbastanza a lungo da poter essere rintracciati.

In due parole: l’esca giusta.

L’idea è nata sull’onda dell’indignazione per una situazione ormai fuori controllo: se infatti i pedofili che cercano prede online sono centinaia di migliaia (e i bambini vittime delle loro attenzioni altrettanti), negli ultimi anni solo 6 di questi soggetti sono stati individuati e arrestati. Così, Lemz e Terre Des Hommes hanno creato Sweetie e l’hanno utilizzata come copertura nelle chatroom più sfruttate dai potenziali pedofili.

I risultati sono stati straordinari: nelle prime 10 settimane, Sweetie ha consentito di segnalare 1.000 sospetti pedofili in 71 paesi diversi. A un anno dal lancio dell’operazione, 20.000 utenti sono entrati in contatto con Sweetie tramite webcam, decine di persone sono state arrestate, e proprio in queste ore, è finito dietro le sbarre il primo pedofilo scovato grazie a Sweetie.

Il suo nome è Scott Rober Hansen, è australiano, ha 37 anni e, dopo essersi dichiarato colpevole, ora dovrà scontare una pena di 2 anni. Naturalmente, Hansen non è stato condannato solo per aver tentato di ricevere prestazioni sessuali da Sweetie, la sua segnalazione ha innescato a una serie di indagini che hanno portato alla scoperta di altro materiale incriminante.

È il primo significativo passo verso la realizzazione di un sistema di identificazione senza precedenti che potrebbe, se non risolvere, almeno arginare di molto quello che al momento è un problema di critica importanza in paesi come le Filippine.

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