Wikileaks insegna, in rete dobbiamo proteggerci di più

“Sulla tecnologia siamo ancora all’anno zero, le persone non sono ancora entrate nell’ordine di idee che devono difendersi. Bisogna ripensare all’approccio, serve più riservatezza e anche il controllo dei dispositivi che usiamo”: è questo il parere di Andrea Zapparoli Manzoni, esperto di sicurezza, in merito alle rivelazioni di Wikileaks sulla Cia che spiava utilizzando l’Internet delle cose, dai cellulari alle smart tv alle auto connesse. “E’ importante intanto capire da chi ci si deve difendere, se dalla Cia o da un cyber-criminale che vuole rubare la carta di credito – sottolinea l’esperto -.

Se ad esempio si temono attacchi con finalità di spionaggio industriale l’area di rischio è altissima, non c’è un antivirus che blocca il malware di una organizzazione strutturata e con tanti mezzi come la Cia. Se si devono fare cose davvero segrete non bisogna usare né la mail né il telefono”. Diverso è invece il caso di un utente comune che deve alzare il livello di guardia e “non cadere nella trappola del phishing, non spargere troppe informazioni sui social network, tenere i propri dispositivi con programmi sempre aggiornati e controllare costantemente se ci sono delle anomalie nei propri sistemi”, aggiunge Zapparoli Manzoni.

“In materia di sicurezza bisogna ripensare all’approccio e anche a tutta questa bella informatica venduta come se fossero giocattoli – conclude l’esperto -. Quello che sta accadendo è la conferma di quanto si prevedeva anni fa e ora c’è un gap micidiale da colmare”. (ANSA)

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