Whatsapp, antiterrorismo con arresti in provincia di Savona

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La polizia ha arrestato due uomini, e ne ha denunciato un terzo, nell’ambito di un’indagine finalizzata ad accertare attività con finalità di terrorismo. Si tratta di tre marocchini, tra i 27 e i 44 anni, tutti residenti nella provincia di Savona, in Italia da anni, con precedenti per spaccio di sostanze stupefacenti, lesioni personali e in materia di falso. I due marocchini arrestati e il terzo denunciato dalla polizia sono accusati di detenzione di sostanze stupefacenti. A loro non viene contestato il reato di terrorismo. “L’inchiesta, correlata, sul reclutamento con finalità terroristiche – ha spiegato il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi – è a carico di ignoti”. I due infatti, sono stati arrestati, durante perquisizioni legate ai controlli antiterrorismo.

L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Federico Manotti, nasce da un messaggio su WhatsApp ricevuto da una ragazza di Andora di 21 anni: nel messaggio si vede una giovane in pantaloni e maglietta, occhiali da sole sulla testa, che imbraccia un mitra in posizione di tiro. E poi un testo che potrebbe essere in codice secondo gli inquirenti. Il numero risulta di una utenza marocchina, particolare che ha fatto scattare i controlli. La polizia ha eseguito perquisizioni nei confronti di cinque persone, non indagate.

Gli investigatori hanno inviato la segnalazione alla Polizia postale di Imperia che, anche con l’aiuto della ragazza, hanno ricostruito che circa tre mesi prima, transitando nei pressi di una struttura data in cessione a profughi provenienti dall’Africa, aveva prestato il proprio cellulare a uno dei marocchini residenti nella struttura, che a suo dire aveva la necessità di contattare dei conoscenti nel Paese d’origine.

Le successive indagini della Polpost ligure hanno quindi ricostruito una fitta rete di contatti dai quali è emerso il sospetto di possibile attivismo dei tre indagati nel campo del proselitismo all’autoproclamato Stato Islamico. La complessa attività investigativa, che si è avvalsa anche di intercettazioni telefoniche internazionali e telematiche e del monitoraggio delle navigazioni in Rete, in particolare sui social network degli indagati ha evidenziato come i tre marocchini creassero profili Facebook utilizzando numeri di cellulari intestati ad altre persone. (fonte)

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