Vittima italiana di bufala su Facebook, adesso farà causa

Un titolo tremendo, da far gelare il sangue: “Coppia lesbica picchia a morte un bambino di 4 anni: non diceva ‘papà’“. La foto che lo accompagna nel box di condivisione su Facebook ritrae due ragazze, a lasciar intendere che siano proprio loro le compagne protagoniste dell’orribile vicenda.

La notizia non è del tutto falsa, ma si riferisce ad un fatto di cronaca nera avvenuto in Sudafrica nel 2006. Le due donne della foto, invece, non hanno niente a che fare con l’orribile vicenda. Sono italiane e una delle due (la ragazza a sinistra) si chiama Francesca Brancati. È un’attivista per i diritti degli omosessuali che fa parte del coordinamento nazionale di Equality Italia.

«La prima segnalazione mi è arrivata lunedì mattina da una mia amica, che mi ha riconosciuto in una vecchia foto con la mia ex-compagna. L’immagine era collegata all’articolo condiviso contemporaneamente da varie pagine Facebook», racconta Brancati, raggiunta al telefono da La Stampa. «Una cosa così non mi era mai capitata. Un fatto del genere, la morte di un bambino… Ho avuto il voltastomaco. Vedere il mio volto collegato a quel titolo è stato terribile».

Catena Umana

La pagina che per prima ha condiviso la falsa notizia con la foto di Francesca fa parte dell’universo di Catena Umana, un network di siti di bufale omofobe, razziste e xenofobe collegate a Vincenzo Todaro, un’ex-imprenditore edile di Parma. Ci eravamo già occupati di lui e dei suoi siti poco più di un mese fa. Nonostante le ripetute violazioni degli standard della comunità, le incitazioni all’odio e le innumerevoli segnalazioni degli utenti, Facebook non ha preso alcun provvedimento contro le sue pagine e i suoi gruppi.

Il meccanismo genera-clic è semplice e collaudato: le notizie false, concepite ad hoc per fomentare odio e pregiudizi, finiscono pubblicate su siti zeppi di pubblicità e poi vengono condivise sulle pagine e sui gruppi Facebook del network. Solitamente le immagini scelte per illustrare le bufale ritraggono personaggi pubblici, VIP o politici, oppure sono rubate da giornali scandalistici stranieri. In questo modo il rischio che qualcuno si possa riconoscere o contestarne l’uso è minimo. La foto di Francesca e della sua ex-compagna è stata presa con ogni probabilità da una ricerca su Google Immagini, senza alcun controllo sull’identità dei soggetti ritratti.

«Io e la mia ex-compagna l’avevamo inviata nel 2013 ad alcune testate locali in occasione di un’intervento di protesta contro i commenti di Guido Barilla contro i matrimoni gay», spiega Brancati parlando dell’origine della foto. «Successivamente era stata usata in maniera legittima da molti siti che avevano ripreso e diffuso la notizia».

Bufale con il copia incolla

«Bufale come questa sono storie scritte col copia-incolla e vengono riproposte di anno in anno da siti che fanno soldi sfruttando l’indignazione e la rabbia dei lettori sui social». David Puente, esperto di tematiche Web e cacciatore di bufale, studia da tempo il circuito di pagine e siti di Todaro, così come quelli di altri bufalari concorrenti. «Quando vengono riproposte, sembrano sempre riferirsi a casi recenti; gli stessi gestori dei siti ne sono consapevoli e modificano qualcosa per rinnovare l’articolo. In questo caso è stata modificata la foto di una notizia vecchia».

La notizia è sparita dalle pagine Facebook che l’avevano diffusa, ma è ancora raggiungibile sul sito IlGiornaleNews.com. Ora la foto di apertura mostra due ragazze che si baciano: anche quella è stata presa senza alcuna autorizzazione da Google Immagini. È bene specificare che il sito non ha nulla a che fare con il noto quotidiano, cui ha solo rubato il logo con la “G”.

Brancati è riuscita a catturare le schermate prima della cancellazione, però, e le ha condivise in un post di denuncia sul suo profilo Facebook. David Puente, in un articolo sul suo sito, mostra inoltre le prove delle modifiche apportate all’articolo originale per eliminare la foto incriminata.

La persona sbagliata

«Faccio attività politica e mi batto per i diritti civili da molto tempo. Negli anni me ne hanno dette di tutti i colori, ma una cosa del genere non mi era mai capitata. E’ davvero grave, e cerco di non pensare a cosa sarebbe potuto succedere. E se qualcuno mi avesse riconosciuto per strada dopo aver visto la mia foto collegata a quel titolo?». Brancati è ancora un incredula e arrabbiata ma è pronta a dare battaglia e vuole sporgere denuncia. «Ho messo tutto in mano al mio avvocato di di fiducia, Roberta Porro. Vedrà lei adesso quali saranno le azioni più consone da intraprendere per difendere la mia immagine. Io di certo non mi arrendo. Come ho scritto anche su Facebook, dove in tanti mi hanno dato supporto e affetto, voglio andare fino in fondo. Hanno avuto la sfortuna di scegliere la foto della persona sbagliata».(fonte)

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