Trump, e la privacy in rete non esiste più

Lo smantellamento dell’eredità obamiana da parte di Donald Trump passa anche attraverso Internet. Dopo le misure di controriforma in termini di migrazione, energia e ambiente, è ora il turno del World Wide Web, ovvero di quella normativa che stabilisce tutele di privacy per chi utilizza a vario titolo la Rete. Il presidente americano si accinge infatti ad apporre la sua firma al provvedimento già passato nel Congresso a maggioranza repubblicana, che ribalta le norme approvate a fine anno in materia di privacy. Ovvero quell’insieme di misure che avrebbero impedito ai «provider» di connessione a banda larga di raccogliere e vendere i dati dei clienti senza il loro consenso.

«La Casa Bianca sostiene fortemente l’iniziativa della Camera», aveva detto il portavoce Sean Spicer poche ore prima del voto (215 a favore a fronte dei 205 contrari), seguito al Si del Senato. Con l’abolizione delle restrizioni, i fornitori di banda larga come Comcast, Verizon e At&t potranno vendere al miglior offerente dati come la cronologia delle ricerche, la localizzazione, i numeri di previdenza sociale o le app scaricate, consentendo di creare preziosi profili altamente personalizzati. Le ricerche compiute dagli utenti sul Web vanno infatti a creare una sorta di carta d’identità su gusti, preferenze, interessi e ogni tipo di abitudine di vita, come ristoranti, musica, vacanze, sino agli orientamenti sessuali, religiosi, politici.

La scelta dell’amministrazione repubblicana è sostenuta dai grandi operatori di settore che lamentavano una disparità a favore di giganti del Web come Google e Facebook, che non hanno obblighi legati alla privacy. I Big delle tlc entrano così di diritto in una corsa pubblicitaria da 83 miliardi di dollari insieme, fra gli altri, a Mountain View e alla creatura di Mark Zuckerberg. E con una posizione privilegiata: possono tracciare qualsiasi sito navigato e monitorare con maggiore completezza le attività online.

Ferma l’opposizione delle associazioni dei consumatori. «Il voto di oggi significa che l’America non potrà mai essere sicura online» chiosa Jeffrey Chester, direttore del Center for Digital Democracy. Oltre al fatto che la creazione di precisi profili online rischia di scatenare le attenzioni degli hacker con tutte le conseguenze in termini di sicurezza informatica.

L’abolizione delle norme di Obama in materia infine, potrebbe essere solo il primo passo verso un più ampio progetto di «deregolamentazione» del settore che porterebbe poi allo smantellamento della «Net neutrality». Ovvero il principio che impedisce agli Internet provider di favorire alcuni siti o App rispetto ad altre. Principio che vede tra i più acerrimi oppositori il nuovo numero uno della Federal Communication Commission, Ajit Pai, voluto con forza da Trump per dirigere l’authority di settore. (fonte)

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