Truffe su smartphone, AntiTrust apre inchiesta su operatori

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Tim, Vodafone, Wind e 3 indagati dall’Antitrust per le truffe su abbonamenti a suonerie o altro su smartphone. Agcom avvia contrasto al fenomeno, ma gli operatori si oppongono.

NAVIGHIAMO su cellulare, su siti normalissimi, e si apre una pubblicità che di soppiatto ci abbona a servizi da 5 euro alla settimana: è la truffa comune che le autorità di settore vogliono contrastare, adesso tirando la responsabilità addosso agli operatori mobili. L’Antitrust, dopo mesi di riflessioni e valanghe di denunce degli utenti, questa settimana ha deciso di aprire un procedimento contro i quattro operatori. Alla fine potrebbe esserci una multa ma non solo. Già in passato gli operatori sono stati multati per una “corresponsabilità” in queste truffe, causate da società che gestiscono la pubblicità o i servizi addebitati in modo illegittimo (ne abbiamo parlato qui e qui).

La novità è che l’Antitrust, così come l’Agcom (Autorità garante delle comunicazioni), vogliono risolvere la questione una volta per tutta togliendo agli operatori mobili gli strumenti con cui queste truffe avvengono. Nel contempo, infatti, l’Agcom sta terminando i lavori sulla delibera “Bolletta 2.0” dove dice agli operatori mobili – riluttanti – come devono cambiare i meccanismi di addebito di questi servizi a valore aggiunto.

Bisogna sapere che adesso funziona così: grazie ad accordi tra operatori e fornitori dei servizi, bastano un paio di clic sulla pubblicità per fare scattare l’addebito sul conto del cellulare. L’operatore, dietro le quinte e senza che l’utente sappia niente, passa infatti il suo numero di telefono al fornitore del servizio. L’Antitrust, a quanto scrive in merito a questa indagine, adesso vuole valutare se sia legittimo questo passaggio di informazioni. Agcom, nella bozza di delibera, chiede agli operatori di non farlo più. Se passerà questo orientamento dell’Autorità, non basterà più cliccare per consegnare numero e nostro conto telefonico a chi ci vuole addebitare servizi a valore aggiunto.

L’Agcom chiede invece che l’utente scriva per esteso il proprio numero, nella pubblicità del servizio. Solo così l’operatore sarà autorizzato a fare l’addebito. Il consenso a passare il numero deve essere insomma esplicito, laddove adesso è implicito (via clic). Il problema è che i clic sono una salvaguardia debole. All’inizio ne bastava uno, sulla pubblicità, per attivare il servizio. Adesso, dopo le polemiche, ne servono due, su elementi diversi che appaiono sul display del cellulare. Ma comunque per l’Autorità non basta: i clic possono avvenire involontariamente; possono anche essere forzati e automatici, in modo invisibile all’utente, da codice malevole inserito nella pubblicità dai truffatori. Per come funziona il mercato pubblicitario in internet, la pubblicità ingannevole può apparire ovunque, anche su siti molto popolari. A noi è capitato leggendo il Guardian: è arrivato un sms che ci avvisava dell’avvio dell’abbonamento e solo così ci siamo accorti che si era aperta, di nascosto, una pagina del browser con la pubblicità che in automatico ha generato i clic di consenso.

Adesso bisognerà vedere se le Autorità avranno forza e costanza di arrivare fino in fondo per tutelare i consumatori. Dietro i servizi a valore aggiunto c’è un business di circa un miliardo di euro (nel 2014, secondo il Politecnico di Milano) e una quota di questi è carpito con l’inganno agli utenti.

Ecco perché gli operatori sono contrari al fatto che l’utente debba scrivere per esteso il numero. Così si può leggere nella risposta ufficiale che hanno dato loro ad Agcom in merito alla nuova delibera. Loro vorrebbero tenere il sistema del doppio clic, come unico strumento di raccolta consenso.
La battaglia sui diritti degli utenti andrà avanti per tutta l’estate, con un responso – da Agcom e Antitrust – previsto per settembre-ottobre. (fonte)

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