Stop ai ”furbetti”, si timbra il cartellino con le impronte digitali

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Impronte digitali al posto del cartellino elettronico. C’è chi plaude e parla di “pacchia finita”. Ma c’è anche chi storce il naso e grida allo Stato di polizia. Sono tutti quelli a cui l’iniziativa adottata dal manager dell’Azienda ospedaliera Ruggi d’Aragona di Salerno Nicola Cantone, non è piaciuta per niente. Da stamattina tocca solo ai dipendenti dell’Ufficio personale, ma dal 3 dicembre tutti e 3000 lavoratori per accedere dovranno “strisciare” il badge e, subito dopo, appoggiare il dito sul device rilevatore.

L’impronta.

Se l’impronta viene “riconosciuta” dal dispositivo, arriva il via libera all’ingresso. In questo modo non sarà più possibile sfuggire ai controlli. E, soprattutto, non accadrà più che un medico o un infermiere “timbri” altri “cartellini” al di fuori del proprio. Già, perché a convincere Cantone che bisognasse far qualcosa per arginare il fenomeno truffaldino della timbratura seriale, è stata un’inchiesta della magistratura. Ancora in corso e che sta facendo luce sulle “finte presenze” personale.

L’assenteismo.

Il manager spiega che i numeri pubblicati sull’assenteismo erano discordanti: “In un primo momento si è parlato di 800 furbetti, poi la cifra è stata ridimensionata a 200. E certo non sono pochi neanche questi”. Per attivare la procedura, a marzo scorso è partita la richiesta al garante della privacy per l’autorizzazione alla “rilevazione biometrica”. Il via libera è arrivato il 15 settembre. “E noi siamo stati celeri, nel giro di qualche mese, il sistema è stato attivato”.

Privacy tutelata.

A chi teme una procedura che ha il sapore di una vera e propria schedatura dei dipendenti, Cantone chiarisce: “L’impronta è registrata sul badge grazie a un chip criptografato e non su un data base aziendale. Insomma il dispositivo mette solo a confronto le impronte, reali e registrate. Vuol dire che non c’è alcun rischio di violazione della privacy perché i dati personali restano a esclusiva disponibilità del proprio badge. Altro che Stato di polizia, questo sistema tutela l’azienda ma anche il dipendente, perché dà la certezza assoluta della presenza sul luogo di lavoro. E poi, qui la maggioranza dei dipendenti è “sana” e non ha motivo di eludere il controllo. Non vedo quale sia la differenza tra la presenza certificata dal badge normale e quella testimoniata dall’impronta”. Dal fonte sindacale arriva anche il via libera della Cgil-medici attraverso Francesco Bruno, specialista in Ortopedia: “E’ vero, per noi non cambia nulla”.  (fonte)

Nel settembre del 2015 vi erano stati due blitz anti-assenteismo all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno.

I militari della Guardia di Finanza hanno dato il via ad un vero e proprio controllo a tappeto all’interno delle strutture del nosocomio di via San Leonardo, conclusosi con l’esecuzione di10 ordinanze di misura cautelare personale di tipo interdittivo, vale a dire la sospensione per la durata di 12 mesi dal servizio pubblico svolto alle dipendenze della ASL di Salerno. Le ordinanze sono state emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Salerno, Sergio De Luca. Le ipotesi di reato contestate nei confronti delle persone sottoposte alle indagini sono quelle di truffa ai danni dello Stato e false attestazioni o certificazioni nell’utilizzo del badge. I soggetti coinvolti sono residenti nei comuni di Salerno, Mercato San Severino e Nocera Inferiore. Le qualifiche dei dipendenti coinvolti nell’operazione “Just in time” fanno chiaramente intuire la delicatezza del compito loro assegnato: una caposala, quattro infermieri, due tecnici specializzati disinfettori e tre operatori sanitari. In pratica, dalle indagini è emerso, tra l’altro, che i dipendenti del nosocomio salernitano, con la complicità di altri colleghi, si assentavano dal lavoro ingiustificatamente e per dedicarsi ai propri interessi privati, come fare la spesa, andare dal parrucchiere o addirittura la partita a carte con gli amici e la passeggiata in riva al mare, risultando però regolarmente al loro posto di lavoro. Le condotte criminose sono state accertate mediante l’installazione di telecamere che hanno consentito il monitoraggio visivo di due orologi marcatempo per la rilevazione delle presenze giornaliere, collocati all’interno del nosocomio. Tali occupazioni private duravano, in alcuni casi, per l’intera giornata lavorativa del dipendente che risultava falsamente al proprio posto di lavoro.

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