Spariranno i commenti da Internet?

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E’ quanto mai incerto il futuro dei commenti su Internet. La miscela esplosiva di troll, spam, insulti e risse online sta uccidendo il sogno dell’interazione tra giornalisti e utenti? Le risposte di giornali, start up e social network.

(Tratto da LaStampa.it) Tempi duri per i commenti online. Simbolo della rivoluzione 2.0 e di una informazione non più esclusivamente unidirezionale, ma basata sulla continua interazione tra fornitori di contenuti e utenti, i commenti oggi vivono una stagione complicata. L’azione di vandali e troll, la diffusione dello spam, la moltiplicazione di risse, insulti ed esibizionismi che non danno alcun valore aggiunto (tendendo piuttosto ad allontanare i potenziali contributi di qualità) stanno spingendo molti media a mettere in dubbio l’utilità delle sezioni commenti, in certi casi arrivando a eliminarle dai propri siti. Le interazioni con i lettori non vengono del tutto silenziate, bensì dirottate verso Twitter, Facebook o altri servizi esterni di social networking, catalizzatori della gran parte della conversazione contemporanea su Internet. Grandi arene di comunicazione che tuttavia rischiano di entrare in sofferenza per le stesse ragioni e che stanno iniziando a correre ai ripari.

PRO & CONTRO.

Nel mondo dell’informazione digitale il problema sta generando differenti reazioni, a volte anche impreviste. La scorsa settimana, i sismografi hanno registrato due scosse contrapposte provenienti dal New York Times e da Motherboard. A favore dei commenti online dei lettori, si è schierato il giornale fondato a metà Ottocento: “Vanno trattati con la stessa considerazione dei contenuti scritti dai giornalisti”, ha detto il community editor Bassey Etim durante una conferenza alla Columbia University. “Non possiamo lasciare che l’attività social finisca in mano alle grandi aziende”. Anagraficamente più giovane, parte della galassia Vice e del new journalism nato e cresciuto con il web, Motherboard ha invece alzato bandiera bianca, annunciando la decisione di cancellare la sezione commenti. “In origine sembrava che i commenti potessero potenziare i contenuti online”, scrive il caporedattore Derek Mead. “Poi la diffusione di battute usa-e-getta e interventi a casaccio ha reso tutto inutile. Potremo offrire un servizio migliore ai lettori se concentreremo le risorse su un miglior lavoro giornalistico, invece che sul moderare una sezione sperando in un marginale incremento di commenti utili”.

HIGH TECH.

Qualche soluzione tecnologica potrebbe arrivare dal mondo delle start up. L’applicazione Civil Comments punta su un doppio meccanismo: responsabilizzare l’utente ed evitare la pubblicazione impulsiva dei contenuti. Prima di veder pubblicato un commento, all’utente viene chiesto di valutarne altri tre (compreso il proprio). L’idea, spiegano le sviluppatrici Christa Mrgan e Aja Bogdanoff, è che spesso sia sufficiente un momento di riflessione per migliorare la qualità dei commenti e tener lontani i troll. Civil Comments è ancora in cantiere, ma sul sito è già disponibile un esperimento, volutamente condotto attorno a un tema in grado di suscitare reazioni molto accese: meglio Guerre Stellari o Star Trek ?

Un’altra strada viene percorsa da Dialog. La nuova piattaforma, che nasce sotto il marchio Digg (servizio di aggregazione news molto popolare durante lo scorso decennio), offre a giornali, blog e siti d’informazione la possibilità di creare conversazioni moderate e in tempo reale attorno a determinati argomenti. Strizzando l’occhio alle sessioni AMA di Reddit (dove un personaggio famoso viene intervistato dagli utenti della comunità online) e con un elenco di partner eccellenti (The New York Times, Washington Post, The New Yrker, The Verge) che nelle prossime settimane proveranno il servizio.

TROLL PER TUTTI.

Sul tema dei commenti online si discute in realtà da ben prima del 2015. Parallelamente alla diffusione di smartphone e social network e all’evoluzione di una conversazione che si è pian piano aperta a miliardi di persone, sono fioccati gli approfondimenti sul fenomeno, spesso di natura psicologica. “Perché su Internet siamo tutti così arrabbiati? ” si chiedeva il Scientific American nel 2012. Tra le risposte c’era quella di Edward Wasserman, docente di etica giornalistica alla Washington and Lee University, che puntava il dito contro i media e i talk show, responsabili di “aver insegnato alle persone il modo sbagliato di parlare e confrontare le idee diverse”. La teoria del “più urli, più convinci” è stata ripresa dal New Yorker nel 2013 (“La psicologia dei commenti online ”) mentre l’anno successivo il Guardian (“Dietro i commenti online: la psicologia dei troll su Internet ”) ha sottolineato come il problema sia ormai intergenerazionale e diffuso anche in ambienti non dipendenti dall’influenza dei media tradizionali (al punto da costringere lo YouTuber PewDiePie, forse il simbolo più famoso del nuovo consumo di contenuti tra millennials, a bloccare per un mese i commenti sul suo canale).

SILENZIATORI SOCIAL.

Sebbene preoccupati dall’idea di spingere ulteriormente i propri lettori verso i social network, molti giornali stanno optando proprio per quella soluzione, chiudendo le sezioni commenti dei siti e invitando il pubblico a discutere articoli e contenuti su Facebook e Twitter. Tecnicamente è la strada più semplice, nonché quella che sembra più allineata allo spirito dei tempi. In questo modo, la patata bollente passa ai social network, dove infatti è già suonato qualche campanello d’allarme. Da alcuni anni Facebook si è attivata per ripulire le bacheche da bufale, spam, vandalismi e contenuti che possano dare fastidio agli utenti e tra le interpretazioni che gli addetti ai lavori hanno dato di Reactions, la nuova serie di emoticon che il social network sta testando in Irlanda e Spagna, c’è anche quella che Facebook abbia deciso che è giunta l’ora di intervenire anche sui commenti: limitandone il numero, a partire da quelli più superflui (“wow!”, “bello!”, “brutto!”). Anche per non ripetere gli errori di MySpace, simbolo per antonomasia del social network condannato all’estinzione dalla trasformazione delle proprie bacheche in deposito di spam, troll e commenti inutili. (fonte)

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