Scugnizzi 2.0, a 10 anni con la pistola su Facebook

scugnizzi-napoli-facebook

«Chi da piccolo ha sofferto, da grande farà soffrire», «nessun perdono per gli infami». E ancora: «Ci sono i ragazzi che scelgono di stare tra il bene e il male, di comandare il loro quartiere, ma questi ragazzi hanno un cuore, la forza di combattere contro tutto e tutti».

Sono duri i messaggi lanciati in rete dai ragazzini napoletani. Hanno pochi anni, forse 9, 10, a volte qualcuno in più. Il Corriere del Mezzogiorno aveva già raccontato, in un servizio di Roberto Russo, come Facebook sia usato dai camorristi in modo disinvolto, tra sfoggio di forza ed esibizione di simboli dal significato ben preciso. Ma quello di cui parliamo oggi riguarda i giovanissimi, già in possesso dello stesso codice di comunicazione. Non si nascondono, anzi. Basta frequentare un po’ internet per scoprire la loro fisionomia. Ai tempi dei social network è molto semplice farsi un’idea delle loro abitudini, del degrado in cui vivono. Le bacheche di questi piccoli uomini alternano sfoghi di rabbia a preghiere per il padre morto o chiuso in galera.

Necrologi corredati di fotografie, lacrime e anatemi per i traditori. La vera famiglia molto spesso è quella che trovano in strada, immortalata nelle foto di gruppo che in altri casi sarebbero corredate da faccine sorridenti, cuoricini, gattini e altre amenità e invece qui mostrano a commento le icone di razzi, coltelli, pistole e bombe. La strada li fa fratelli e questi bambini si dichiarano amore, si promettono di non lasciarsi mai, nel bene e nel male. Si aggregano in bande che rivendicano l’appartenenza al quartiere. Quelli dei Quartieri Spagnoli, quelli della Torretta, quelli del Casale. Non mancano quelli che si autodefiniscono «scissionisti di Secondigliano» e poi c’è un gruppo nutrito che prende il nome di «Zé Pequeno» il killer tredicenne protagonista del film «Ciudade de Deus» del 2002 ambientato in una favela di Rio De Janeiro. Nelle chat compare anche qualche strano nickname pescato chissà dove, come Vallanzasca.

Questi ragazzini hanno un’idea precisa di come mostrarsi, di quale volto offrire sul web. Le immagini preferite? Pistole, armi, mitragliette. Poi rolex e affini: tanti orologi di lusso. E l’abbigliamento delle grandi marche. Non potrebbero nemmeno accedere ai social, vista la giovane età, invece i bambini dell’epoca post «Gomorra», che probabilmente di Roberto Saviano non hanno mai sentito parlare, su Facebook sfoggiano profili semicriminali, in molti casi solo millantando, qualche volta con maggiore fondamento di verità.

In generale, questi giovanissimi somigliano, fino a sovrapporsi, ai loro coetanei della cronaca nera, proprio quelli raccontati da Saviano nel nuovo romanzo «La paranza dei bambini». Anche se a differenza di quello che narra lo scrittore, non vengono quasi mai da contesti piccolo-borghesi, piuttosto da realtà molto difficili e misere. Eppure non sempre partecipano davvero a «stese» e atti vandalici. Per lo più sono solo sbruffoni sul web e ben più timorosi nella realtà, come accade nel pluripremiato film di Cyop e Kaf, «Il segreto» (2014), che racconta i furti degli alberi di Natale messi a segno dai ragazzi dei Quartieri per accendere i fuocarazzi di Sant’Antonio. Proprio in quel film, efficace panoramica sull’infanzia napoletana «di strada», il punto di vista da cui si narrava la storia era quello dei bambini, senza retorica e senza paternalismo. Una lente che può servire anche a leggere il nuovo fenomeno «social». Non tanto per incriminare, ma per capire. In effetti basta poco. «È Natale. Vi odio tutti lo stesso». Dietro queste parole, un manifesto del disagio, un grido d’allarme da raccogliere con urgenza. (fonte)

You may also like...