Quali sono gli illeciti (civili e penali) in cui è possibile incorrere su FB

Il merito di Facebook è essenzialmente quello della facilità di utilizzo. Chiunque, anche se digiuno di qualsiasi conoscenza relativa alla programmazione di un sito, è in grado di pubblicare qualcosa di proprio.

Purtroppo sia per superficialità, sia per scarsa dimestichezza con il mezzo virtuale, si è indotti a pensare che il nostro mondo rimanga appannaggio di una schiera di pochi eletti (amici), ignorando che attraverso Facebook (e qualunque altro social network) rischiamo di mettere letteralmente “in piazza” la parte più intima di noi.

Proprio per questo, se non si è a conoscenza delle normative che regolano queste attività, si rischia seriamente (anche solo per ignoranza) di incorrere in reati civili e penali.

In questa nota (che non vuole essere esaustiva dell’argomento) ci proponiamo di elencare, in forma sintetica, quanto previsto dalla Legge Italiana, dando la possibilità ai nostri fan di approfondire gli argomenti tramite la consultazione dei link indicati in fondo al nostro testo.

Premessa

Qualunque attività effettuata su Internet (e di conseguenza anche su Facebook) è registrata sui siti in cui viene eseguita (da un minimo di 3 mesi a un massimo di 2 anni, in funzione della legislazione dello Stato di origine del gestore), e l’autore è, generalmente, SEMPRE rintracciabile da parte degli organi di controllo preposti (Polizia Postale, Carabinieri, Guardia di Finanza) e a seguito di un ordine di procedura da parte dell’Autorità Giudiziaria.

Sinteticamente (e per semplificare) vi sono due tipologie di reati consumabili:

1 – Utilizzo di Facebook per intenti illeciti

In questo caso, il social network è un semplice mezzo da utilizzare per ottenere qualcosa.

Sono considerati reati e punibili le seguenti azioni:

* invio di materiale pubblicitario non autorizzato (spamming)
* raccolta e l’utilizzo indebito di dati personali, attività espressamente vietate dal T.U. sulla privacy (d.lgs. n. 196 del 2003)
* utilizzo dei contatti per trasmettere volutamente virus informatici (art. 615-quinquies)
* utilizzo dei contatti per acquisire abusivamente codici di accesso per violare sistemi informatici (art. 615-quater)
* scambio di immagini pedopornografiche che integra gli estremi del reato ad es. di cessione di materiale pedopornografico (art. 600-ter)
* inviare messaggi di propaganda politica, di incitamento all’odio e alla discriminazione razziale

2 – Utilizzo di Facebook per comunicare con altri utenti (in modo “sbagliato”)

Alcuni reati più comuni, che se perpetrati a voce possono passare quasi inosservati, su Facebook assumono delle caratteristiche che risultano sanzionabili d’ufficio, anche in assenza di una denuncia da parte dell’interessato.

Diffamazione

Il reato, punito dall’art. 595 c.p. con pene, nella forma aggravata, fino a 3 anni di reclusione (con annesso diritto al risarcimento nei confronti della parte lesa), prevede l’inserimento di frasi offensive (battute “pesanti”), notizie riservate la cui divulgazione provoca pregiudizi, foto denigratorie o comunque la cui pubblicazione ha ripercussioni negative, anche potenziali, sulla reputazione della persona ritratta.

Sostituzione di persona

(art. 494 c.p.) La Cassazione, nel 2007, ha ritenuto che rientri in tale reato il comportamento di chi crea un falso account di posta elettronica, intrattenendo corrispondenze informatiche con altre persone e spacciandosi per persona diversa (quindi come su FB). Anche se per integrare il reato di cui all’art. 494 c.p. è necessario il fine di conseguire un vantaggio o recare un danno, tali requisiti sono intesi in modo molto ampio, come non comprensivi solamente di vantaggi e/o danni di tipo economico ed è molto facile ravvisarli nei casi concreti.

Offese a una confessione religiosa

Il reato di Vilipendio della religione dello Stato è stato modificato (2000).

Ecco gli articoli del Codice di Procedura Penale che trattano l’argomento:

Art. 402 Vilipendio della religione dello Stato [Il 13 Novembre 2000 La corte costituzionale nella sentenza numero 508 dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 402 del codice penale (Vilipendio della religione dello Stato). Il Testo riportava: “Chiunque pubblicamente vilipende la religione dello Stato è punito con la reclusione fino a un anno”].

Art. 403 Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone

Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto.

Art. 404 (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose).

Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. (…)”

Peculato (dipendenti pubblici)

Recentemente (2007) è fatto espresso divieto ai dipendenti pubblici di utilizzare Internet (e quindi anche Facebook) nel luogo di lavoro. E’ stato messo in evidenza da una sentenza della Cassazione che risponde di peculato il dipendente pubblico che accede indebitamente a internet (non dunque per attività autorizzate che a lui competono per il lavoro che svolge), anche quando il contratto di erogazione del servizio stipulato dalla Pubblica amministrazione è un contratto a forfait (che prevede cioè un pagamento di una tariffa fissa indipendentemente dalla durata della navigazione). Anche se tale comportamento non provoca alcuna lesione al patrimonio della Pubblica Amministrazione è comunque tale da ledere l’altro bene giuridico tutelato dalla norma che punisce il peculato, cioè il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Fonti utilizzate e consultabili:

Lotta allo spam, i rimedi possibili (IlSole24ore.com)

Il Codice in materia di protezione dei dati personali

Modificazioni ed integrazioni delle norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica (LEGGE 23 dicembre 1993 n. 547)

Wikisource.org – Codice Penale – Libro II – Titolo IV

Come detto nella premessa, questa nota non intende esaurire l’argomento ma semplicemente indicare i possibili rischi che si corrono con una condotta superficiale.

Speriamo possa essere utile a qualcuno, soprattutto a quelli che intendono la loro frequentazione su Facebook semplicemente come un “gioco”.

SeeYouSoon

Nota a cura di Claudio Cerroni (Hunch – Assistenza e Consulenza Informatica).

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