Pubblicità su Facebook, il social «gonfia» i dati delle persone raggiungibili

Analisi indipendenti dimostrano come i dati calcolati dallo stesso social sugli utenti che possono vedere le inserzioni sono gonfiati rispetto alla reale popolazione censita negli Usa

Persone raggiungibili vs persone censite

Come fa Facebook a fissare il prezzo per le aziende degli spazi pubblicitari sulla sua piattaforma? Si basa sul numero di persone che potenzialmente possono vederli. Il nodo della questione è che questi dati vengono calcolati dallo stesso colosso di Menlo Park e può accadere che non coincidano, e anche di parecchio, con la popolazione effettivamente censita. Un caso segnalato anche da Brian Wieser del Pivotal Research Group. L’analista ha notato che i dati di Facebook parlano di 41 milioni di giovani americani tra i 18 e i 24 anni raggiungibili sul social. Peccato che in quella fascia di età i cittadini americani siano solamente 31 milioni. Non si tratta di una circostanza unica nel territorio Usa. Anche per la fascia tra i 24 e i 35 anni i dati di Facebook appaiono gonfiati: 45 milioni di persone “reali” contro le 60 raggiungibili secondo le stime del social network.

La spiegazione di Facebook

Un discorso che poi non si limita agli Usa ma si ritrova anche in altri Paesi come Regno Unito e Canada, dove il fenomeno è ridotto in termini assoluti ma rimane in ogni caso rilevante. Però questi scostamenti non rappresentano un errore: Facebook ha subito precisato all’agenzia Reuters che con quel calcolo viene stimato “il numero di persone che in una determinata area geografica può vedere la pubblicità di una certa azienda, un valore che perciò non necessariamente deve coincidere con la popolazione censita”. Nel computo totale infatti rientrano anche tutte le persone di passaggio, turisti o individui che non risiedono in maniera stabile nel territorio americano. Giustificazione che però potrebbe non bastare: secondo l’analista Wieser questi scostamenti potrebbero portare molte aziende a pretendere una stima calcolata da organizzazioni indipendenti .

I casi del passato

Questa però non è la prima situazione che vede coinvolto il social network in una stima errata: l’anno scorso Facebook si era scusato per aver gonfiato la misura del tempo medio trascorso dagli utenti che guardavano video postati sulla piattaforma. Dopo questo caso il social network, nel febbraio di quest’anno, aveva deciso di affidarsi al Media Rating Council per avere stime indipendenti. Ma a maggio Facebook ha dovuto nuovamente ammettere errori nella misurazione dei click sui post, con conseguente aumento dei prezzi fatti pagare alle imprese per comprare la pubblicità. Una serie infinita che ha portato il colosso ad ammettere i propri sbagli nelle misurazioni per ben 10 volte in un anno. (fonte)

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