Processo penale, si apre all’uso nelle indagini di trojan per molti reati

Italia, un disegno di legge per i trojan di Stato. Una norma che cerca di disciplinare un terreno scivoloso.

Nella guerra sempre più aperta che si sta consumando sul disegno di legge di riforma del processo penale – che questa settimana approda alla Camera – si è aperto anche un fronte che riguarda i captatori informatici, ovvero i trojan usati nelle indagini.

Il provvedimento, fortemente voluto dal ministro della Giustizia Orlando (e su cui a quanto pare non verrà posta la fiducia) prevede anche una delega al governo, da esercitare entro tre mesi, per rivedere le regole sulle intercettazioni. E quindi fornisce dei principi e delle linee direttive per i decreti legislativi che dovranno essere adottati dal governo.

Se però sulle intercettazioni il disegno di legge tira il freno del garantismo – prevedendo ad esempio una maggior tutela della riservatezza delle comunicazioni, in particolare quelle riguardanti il rapporto difensori e assistito, o persone occasionalmente coinvolte nel procedimento, o anche quelle non rilevanti a fini penali – sui captatori sembra invece premere sull’acceleratore. Dando il via libera a un’ampia casistica di utilizzo.

Il ddl infatti fornisce indicazioni anche sulla disciplina di “intercettazioni di comunicazioni o conversazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili”.

Di cosa stiamo parlando?

In generale di quei software malevoli (trojan o spyware) installati di nascosto su un pc, smartphone o tablet per spiarne le attività. Ma il riferimento specifico qui è a una loro funzione particolare, quella che permette di attivare il microfono di un dispositivo trasformandolo in una cimice mobile che permetta di captare le conversazioni dell’indagato (intercettazione tra presenti). Per il ddl l’attivazione di questa funzione è ammessa non solo per reati gravi (mafia e terrorismo), ma anche per tutti i reati per cui sono previste le intercettazioni (tra presenti). “Incluse molestie e minacce”, commenta a La Stampa l’avvocato Stefano Aterno, che da tempo segue il tema trojan. Una direzione molto diversa rispetto ad altre proposte passate (di cui avevamo parlato qui), che cercavano di delimitare il perimetro di utilizzo dei captatori.

Il testo del ddl inoltre prevede la possibilità di operare sul trojan, avviando la registrazione audio, anche da parte di “personale incaricato” dalla polizia giudiziaria, oltre che dalla stessa. Cosa significa? Vuol dire continuare a far gestire le indagini anche a società private, come avviene oggi.

Il provvedimento indica poi un decreto ministeriale che individui dei requisiti tecnici cui dovranno conformarsi i captatori utilizzati. Ma mancano una serie di ulteriori garanzie per assicurare la tracciabilità dei procedimenti e la verifica da parte dei legali.

Il ddl non affronta infine alcune funzioni-chiave dei trojan, che non sono usati solo per ascoltare conversazioni, ma anche come mezzo di perquisizione da remoto di un dispositivo. Possono infatti accedere a file, mail, chat, documenti, foto, fare screenshot dello schermo e via dicendo. Se, quanto e come verranno utilizzate queste funzioni? “Alcune di queste oggi sono già usate attraverso il principio giuridico della prova atipica, che fa acqua da tutte le parti”, commenta Aterno. “In questo modo il rischio del testo attuale è che si potenzino questi strumenti investigativi senza fare lo stesso con le garanzie difensive”.

Perplessità sulle linee guida nella disciplina dei trojan arrivano anche da alcune associazioni che si occupano di diritti umani e digitali. Secondo un comunicato e un’analisi diffuse dalla ong britannica Privacy International e da CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili) l’attuale proposta non rispetterebbe “gli standard di legalità, necessità e proporzionalità, né stabilisce procedure sufficienti di minimizzazione, vigilanza efficace o salvaguardia da abusi”.

A questo punto bisognerà vedere se e come il provvedimento verrà modificato attraverso degli emendamenti. Altrimenti, dopo innumerevoli travagli, l’Italia potrebbe infine regolare l’uso dei trojan in modo più permissivo rispetto a una buona parte delle analisi e dei dibattiti sviluppati al riguardo negli ultimi anni. (fonte)

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