Privacy a rischio con WhatsApp

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In WhatsApp preoccupano la mancanza di informazioni su come vengono gestiti i dati degli utenti, la difficoltà che gli organi di polizia incontrano nel perseguire reati telematici consumati all’interno dell’app e l’assenza di rapporti di sicurezza.

La Electronic Frontier Foundation (EFF), un’organizzazione internazionale che tutela i diritti digitali e la libertà di parola, produce ogni anno lo studio “Who Has Your Back?”, un report in cui vengono analizzati i principali servizi internet su misurazioni quali la protezione dei dati informatici e la risposta alle richieste dei governi. L’EFF disegna un quadro generale dei difficili equilibri che sostengono i cittadini della rete e le aziende da un lato e gli strumenti di controllo che la politica e le organizzazioni militari utilizzano per tenere a bada gli utenti dall’altro.

Prevenire è meglio che curare

Insomma a catturare un criminale dopo che ha compiuto il misfatto sono buoni tutti ma la tecnologia, nella convinzione dei controllori, è l’unico metodo che permette oggi di anticipare le mosse, curando la società con la prevenzione. Si può essere d’accordo o meno con questo fondamentale assunto che guida tra l’altro il Patriot Act statunitense (privo dal 1 giugno della sezione 215 da cui pendeva gran parte dell’operato della NSA) ma è innegabile che chi governa i paesi digitalmente industrializzati tenda a voler ottenere le chiavi di accesso a milioni di dati e informazioni per dare una svolta alle indagini o semplicemente fissare lo sguardo su quel che succede localmente in rete.

La classifica

L’obiettivo della Electronic Frontier Foundation è quello di spiegare quali dei servizi e app che utilizziamo ogni giorno sono più inclini a spiegare alle persone cosa vogliono i governi, in che modo collaborano con essi e come viene dato seguito alle loro domande. Delle 24 compagnie messe sotto la lente solo due hanno ricevuto una sola stella al merito: WhatsApp e AT&T.

I motivi per una bocciatura del genere per la EFF sono evidenti e, nello specifico dell’app di messaggistica, risiederebbero nella mancanza di un rapporto di sicurezza da produrre periodicamente o almeno annualmente; nell’assenza di politiche specifiche su come vengono utilizzati i contenuti prodotti dalle persone; nell’impossibilità di sapere in che modo vengono conservati i dati degli utilizzatori e in quali casi questi vengono rilasciati alle forze di polizia.

Indipendente da Facebook

Seppur qualcuno abbia fatto risalire il flop di WhatsApp al far parte del circuito di Facebook (storicamente non attentissimo alla privacy), in realtà il social network si è comportato più che bene nel report della Foundation. La creatura di Zuckerberg ha infatti raggiunto 4 delle 5 stelle possibili, soddisfando la maggior parte dei criteri richiesti dagli esperti, tranne per l’assenza di una chiara spiegazione sulle motivazioni che spingono il team a cancellare i posto o interi account. Tra i risultati più rilevanti si notano le 5 stelle di Dropbox, Apple e Yahoo che assieme ad Adobe, Credo Mobile, Sonic, Wikimedia e WordPress rappresentano le sole aziende a rispettare interamente la privacy dei propri utenti. (fonte)

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