Polizia Postale, lotta al terrorismo anche sui social
«Non hanno visto ancora nulla della giustizia di Allah. La morte per loro è solo l’inizio», scrive Kamar Chames, marocchino che vive in Italia, riferendosi alla strage dei vignettisti parigini. Un commento postato sulla pagina Facebook «La scienza del Corano», gestita da Anass Abu Jaffar, che oggi vive a Casablanca ma che fino a pochi mesi fa abitava nel Bellunese. È lo stesso sito che per primo ha rivelato la morte in battaglia di Ismar Mesinovic, l’imbianchino di Ponte nelle Alpi che a dicembre 2013 ha raggiunto la Siria per arruolarsi nelle fila dell’Isis.
Ed è uno dei tanti indirizzi web che vengono monitorati costantemente da Digos, Ros e servizi segreti perché divenuti un punto di riferimento (anche) per i fanatici della Guerra Santa. La caccia ai fondamentalisti islamici parte dal web, perché è lì che i «cani sciolti» si documentano e ricevono l’indottrinamento degli imam più estremisti. E spesso le indagini degli inquirenti si sviluppano proprio intorno ai commenti pubbl icat i su forum e social network, dove in tanti – soprattutto in queste ore, dopo il massacro al Charlie Hebdo – si lasciano andare a sfoghi in favore dello Jihad e dell’Isis. La polizia postale del Veneto solo nell’ultimo anno ha ricevuto cento segnalazioni riferite alle frasi pubblicate su internet dai fanatici. Gli inquirenti li chiamano «post fantasma».
Il motivo?
«Rimangono on-line solo per pochi giorni, a volte appena qualche ora, poi vengono rimossi», spiega un investigatore. «Chi li pubblica evidentemente conosce le tecniche investigative e sa che, una volta cancellati, è molto più difficile risalirne all’autore». I casi di questo tipo sono sempre più frequenti. La polizia postale di Venezia, dopo una prima verifica fa partire la segnalazione alla Digos.
Gli autori, in genere, appartengono a due categorie: ci sono i fanatici autentici, che inneggiano allo Jihad perché vogliono sostenere la follia terrorista; e ci sono i mitomani, che si divertono a lanciare su internet parole come pietre solo per «vedere l’effetto che fa». Distinguerli non è facile.
Quella al fondamentalismo è, sempre più di frequente, una guerra digitale. Agli accertamenti sui «post fantasma», si affianca il monitoraggio dei siti della propaganda anti-occidentale. Le indagini puntano a individuare chiunque scarichi materiale pericoloso. In questi casi non si va troppo per il sottile: se si tratta di extracomunitari possono essere presi e caricati sul primo aereo.
Un anno e mezzo fa era toccato a due marocchini che vivevano nell’Alto Vicentino, Amara El Moustafa e suo cognato Said Namiq (che si trovava già in Svezia) nei confronti dei quali i carabinieri del Ros hanno ottenuto un decreto di espulsione immediata per «radicato ed esternato antisemitismo e antioccidentalismo, nonché l’utilizzo di internet per la sistematica visione, archiviazione e ascolto di video e sermoni finalizzati ad esortare al combattimento e al martirio ». (fonte)