Le più diffuse bufale sul cibo, a cui non credere…

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La rete è il simbolo della libertà d’espressione, del mondo (virtuale) senza confini, della democrazia utopica. Mette a disposizione di ognuno di noi un serbatoio molto ampio da cui pescare ogni genere di informazione, con la conoscenza a portata di un semplice click. 

Soprattutto sul cibo, però, è richiesta una grandissima attenzione, una consultazione attenta e variegata, pluralità di fonti, valutandone affidabilità e “valore informativo”.

Bisogna saper controllare

L’alimentazione, secondo alcuni, ha un grosso “problema”: è un’azione che tutti dobbiamo compiere. E se tutti mangiano, tutti rischiano di sentirsi autorizzati a predicare sull’argomento, spesso e volentieri con conoscenze limitate e commettendo forti ingenuità. D’altra parte anche le aziende alimentari non aiutano, facendo leva su slogan schiamazzanti molto spesso liberi di reinterpretare dati con chiavi di lettura davvero fantasiose. Ma quali sono le bufale più gettonate?

Latte e il concetto dell’innaturalità

“Non esiste nessun animale sulla terra che consuma latte dopo lo svezzamento, non è naturale”. Se non vi è mai capitato di sentire questa frase, purtroppo può darsi che prima o poi vi capiterà. Il concetto di “naturale” è di sicuro sfuggente, soprattutto quando ci si guarda attorno, mentre si scrive sul proprio portatile, alla finestra del quarto piano del condominio, vestiti leggeri per combattere la calura assieme ad un fidato condizionatore. La storia del consumo del latte come alimento ha migliaia di anni e la diffusione dell’intolleranza al lattosio ne traccia la distribuzione geografica.

Intolleranza a seconda della latitudine?

L’abitudine al consumo di latte è diffusa in Europa, anche se non in maniera omogenea, e in particolare è interessante notare come l’intolleranza al lattosio sia più diffusa al sud e via via meno andando verso nord. Perché? Una teoria vuole che il latte munto in climi caldi tenda immediatamente a trasformarsi in yogurt, modificazione che implica l’eliminazione del lattosio (zucchero la cui mal-digestione provoca i classici sintomi) da parte di batteri lattici e quindi l’assenza di necessità, per la popolazione, di selezionare i geni per la produzione intestinale di lattasi (enzima che scompone e “digerisce” lo zucchero del latte). Quello in climi freddi, che sfavoriscono l’attività batterica, si conservava nella sua forma naturale e quei popoli che basavano la dieta sul suo consumo dovevano armarsi degli enzimi giusti per sopravvivere.

Vade retro olio di palma!

Chi si è azzardato a consumare olio di palma negli ultimi mesi deve essersi sentito quanto meno come se avesse commesso un crimine contro l’umanità. Nel giro di meno di un anno si è passati dall’ignoraresistematicamente un prodotto che ha subito una diffusione impressionante a cercarlo spasmodicamente sulle etichette nelle corsie dei supermercati. Ma come tutte le questioni, non ci può permettere di distinguere in bianco o nero, buono o cattivo con tanta superficialità. La storia dell’olio di palma comincia con un altro scandalo alimentare, questa volta decisamente giustificato: i grassi idrogenati (trasformati dallo stato liquido al solido), impiegati in molti snack e in tanti prodotti da fast food, possono presentare grassi trans, estremamente dannosi per la salute. L’olio di palma, per alcune sue proprietà, è stato scelto come sostituto di questi grassi perché non aveva necessità di essere idrogenato. In compenso è un grasso saturo, quindi accomunabile al burro e altri grassi animali. E pertanto fa aumentare il colesterolo cattivo. Non verrà mai sottolineato abbastanza che questa è una caratteristica di tutti i grassi saturi, non solo dell’olio di palma, quindi si tratta di allarmismo giustificato solo in parte, considerando che un consumo moderato non ha alcun effetto negativo e che è molto meno dannoso dei famosi grassi idrogenati che è andato a sostituire.

Questione di soldi

D’altra parte, non è così scontata la questione economica. Molto diffusa è la convinzione che le “cattivissime” multinazionale sfruttino Paesi comeIndonesia e Malesia, ai vertici della produzione di questo olio. Ma l’Indonesia non è certo una nazione del terzo mondo da sfruttare, bensì una potenza economica emergente e in forte espansione, il cui motore è alimentato abbondantemente anche dalle coltivazioni di palma da olio. Senza considerare che il problema dovrebbe porsi anche per caffe, zucchero, girasole e tanti altre colture.

Ambiente, una questione delicata

Chiude la questione ambientale, forse la più spinosa, in quanto il fenomeno della deforestazione è innegabile. Però è doveroso fare qualche considerazione: gli accordi internazionali sulla deforestazione vengono rispettati dall’Indonesia in maniera molto attenta, più di molti altri Paesi occidentali. Allo stesso tempo, considerando che la ricchezza di quella nazione proviene anche dall’olio, è corretto impedirne lo sfruttamento (determinato da regole stringenti) quando in occidente il problema non se lo si è posto poi così tanto? Esistono proposte alternative con impronta ambientale ridotta da impiegare al posto dell’olio di palma?

Le bufale “minori”

Altre notizie strampalate sono più facili da gestire, come lo zucchero di canna che ingrasserebbe meno di quello raffinato. Ma la differenza di calorie tra i due è solo di circa il 4%, avendo il primo 380 kcal per cento grammi contro i 392 del secondo.

Chi pensa che eliminare i grassi dalla dieta ci renda meno grassi? Pur suonando così intuitiva la questione è più complicata: importanti per la membrana cellulare, per la difesa contro i radicali liberi, coinvolti nella formazione di molecole dedicate alla regolazione del sistema cardiovascolare, renale e immunitario, i grassi sono fondamentali, anche per l’assorbimento delle vitamine liposolubili.

Il pane integrale è dietetico? Assolutamente no, ha quasi lo stesso apporto calorico del pane bianco tradizionale, anche se aumenta il suo contenuto di fibra utile all’organismo.

Se state mangiando del pesce convinti che faccia bene alla memoria forse è il momento di cambiare alimento: il fosforo è contenuto in concentrazioni nettamente maggiori in noci, nocciole e frutta secca, e legumi, oltretutto il fosforo non aiuta nemmeno la memoria, colpo di scena, non esistono studi che lo confermano.

Quale modo migliore per dimagrire che saltare qualche pasto, se non fosse che il metabolismo rallenta molto quando non vengono introdotte calorie, rendendo più difficile lo smaltimento delle nostre riserve che vengono gelosamente preservate.

Insomma, meglio dimenticare le soluzioni semplici e i cibi miracolosi, per dimagrire e rimanere in salute ci si deve accontentare ancora per un po’ del banale: “Dieta variegata e attività fisica”. (fonte)

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