La tecnologia fa l’uomo ladro, alle casse self service

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CHIUNQUE abbia mai fatto la spesa in un grande supermercato sa che la tecnologia di pagamento self service è sempre più diffusa. Le strutture la preferiscono per ridurre il personale necessario al punto vendita ed i consumatori percepiscono una maggiore velocità del servizio. Eppure c’è un aspetto più recondito, poco considerato e che è stato recentemente sottolineato dalla Leicester University. Secondo l’ateneo inglese questo tipo di pagamento spinge le persone, anche quelle che di solito si comportano onestamente, a truffare ed essere sleali in relazione alla spesa effettuata.

Il rapporto presentato evidenzia come la mancanza di un’interazione umana lasci credere che il crimine sia innocuo, poco rischioso e che in fondo la grande distribuzione possa permettersi delle perdite più o meno piccole grazie ai suoi ingenti guadagni. Insomma, il consumatore è portato a giustificarsi, anche e soprattutto nel momento in cui subentra la frustrazione per una tecnologia a volte difficile da gestire, che scatena anche un comportamento aggressivo quando la scansione non avviene correttamente o il personale deve intervenire causando perdita di tempo. Come se non bastasse, un cliente colto sul fatto dimostra una prontezza di riflessi che lo porta ad incolpare la tecnologia difettosa o una presunta incapacità attribuita a se stesso nell’uso delle innovazioni.

In altre parole, il furto è diventato così semplice che i clienti iniziano a vederlo come qualcosa di normale e sono persino pronti ad utilizzare delle scuse già preconfezionate per superare eventuali problemi. Inoltre, una delle difficoltà maggiori ed in grado di creare veri grattacapi è rappresentata dall’impossibilità, o quanto meno dalla grande complessità, di dimostrare la reale intenzione di voler truffare il punto vendita. Perché è molto facile per un cliente sostenere di non essersi reso conto che la scansione di uno o più articoli non era andata a buon fine o che semplicemente ci si era dimenticati di farla; infatti, in quelle circostanze in cui si utilizzano dispositivi per la scansione a proprio piacimento ed in qualunque parte del negozio durante il giro della spesa, è stato verificato che circa il 10% degli articoli non era stato inserito nel conto finale per un’effettiva distrazione. In queste circostanze un’azione penale diventa una sorta di percorso ad ostacoli, tanto che una società ha dichiarato di non perseguire un eventuale reato di taccheggio perché impossibile (o quasi) da dimostrare in tribunale.

Come risultato di tutto ciò, la relazione della Leicester University ricorda che le perdite dei supermercati che hanno adottato questa tecnica di pagamento sono più del doppio rispetto a quelle dei punti vendita che usano i metodi tradizionali. Ora le grandi catene iniziano a essere consapevoli del problema e stanno studiando sistemi per risolverlo e verificare che i clienti paghino tutto ciò che portano via, per esempio facendo dichiarare di aver scansionato tutto il contenuto del carrello o praticando controlli casuali. (fonte)

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