In ventimila contro Facebook

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Ventimila persone hanno citato in giudizio Facebook, puntando il dito contro la completa assenza di repressione nei confronti di persone e gruppi terroristici che incitano gli utenti a commettere crimini efferati.

La completa assenza di repressione da parte di Facebook sull’attività terroristica palestinese online non è gradita ad alcuni cittadini israeliani. Un gruppo di ventimila persone ha citato in giudizio il social network e tra questi c’è anche un cittadino statunitense che questo mese è stato ferito gravemente nel corso di attacco terroristico a Gerusalemme. Ne parla il New York Post spiegando che Richard Lakin, nativo di Boston ed ex preside del New Jersey che ora vive in Israele, il 13 ottobre è stato colpito da un proiettile e accoltellato da alcuni estremisti a bordo di un autobus, un attentato nel corso del quale sono morte due persone e gravemente ferite altri venti.

Lakin è una delle ventimila persone per conto delle quali gli avvocati Robert Tolchin e Nitsana Darshan-Leitner, dell’Israel Law Center (ILC), hanno intentato causa a Facebook presso la Suprema Corte di Brooklyn. Nelle 76 pagine della citazione si afferma che le parti attrici “vivono nel centro del mirino di furiosi e sanguinosi attacchi terroristici” sostenendo che Facebook stia venendo meno ai propri obblighi morali e legali nel monitorare e limitare contenuti razzisti.

“Facebook connette l’intero mondo e dovrebbe avere una certa sensibilità, comprendendo che i loro algoritmi passano in rassegna decenni di odio e massacri, collegando persone che, non solo hanno interesse nelle aggressioni, ma sfruttano per i loro scopi anche questo tipo di attività” ha spiegato Tolchin. “Molti di questi assassini sono spinti a commettere crimini efferati, incitati da quanto leggono su Facebook da demagoghi e leader che esortano i loro follower a “massacrare gli ebrei”, offrendo indicazioni e le modalità migliori di farlo, compresi “grafici anatomici che mostrano i punti migliori per pugnalare qualcuno”, si legge nella documentazione presentata in tribunale.

Con la denuncia, che non fa riferimento a specifiche organizzazioni terroristiche, si cerca di ottenere un’ingiunzione restrittiva e non richieste di danni. Un portavoce del social network ha dichiarato: “Vogliamo che le persone si sentano sicure quando usano Facebook”, “non c’è posto per contenuti che incoraggiano la violenza, minacce dirette, terrorismo o incitamento all’odio su Facebook”. E ancora: “Questa causa è priva di fondamento e ci difenderemo strenuamente”. (fonte)

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